I film dell’anno 2011-2012

Come da tradizione, ecco la classifica dei migliori dell’anno, secondo Stanze di Cinema.

Sì è vero, siamo solo all’inizio di luglio, forse è un po’ presto per l’elenco dei migliori della stagione, ma se controllate il calendario delle uscite cinematografiche che ci aspettano da qui a fine mese, vi prenderà lo sconforto più assoluto.

La stagione cinematografica è laconicamente finita a maggio, sommersa dal caldo, dagli Europei di calcio e dalla miopia pavida della nostra derelitta distribuzione, che non crede neppure al miraggio dei muliplex, oasi d’aria condizionata e bibite ghiacciate, perfettamente compatibili con il cinema d’estate.

E allora provocatoriamente anticipiamo anche noi la nostra classifica. Quello che uscirà non è in grado di sovvertirne gli equilibri.

In testa, con distacco, l’epocale Faust di Sokurov. Un film che quando è apparso alla Biennale lo scorso settembre ha fatto letteralmente scomparire tutti gli altri. Magnifico e folle ritratto di un Faust assetato di conoscenza, che comincia nelle viscere umane, per approdare nella terra di nessuno.

Sokurov torna al racconto potente e massimalista, proprio quando nessuno se l’aspettava, chiudendo la sua quadrilogia del Potere con una nota altissima.

Al secondo posto una rivelazione iraniana che ha saputo conquistare persino Hollywood: Una separazione di Asgar Farhadi è un piccolo capolavoro di ambiguità, che avvolge lo spettatore e lo trascina in una Teheran borghese, ma ancora piena di contraddizioni. Lontano dal cinema rurale dei Makhmalbaf e dei Kiarostami, più vicino alla durezza contemporanea di Panahi – ora costretto agli arresti domiciliari ed all’impossibilità di girare nuovi film, se non in clandestinità e nelle quattro mura del suo appartamento.

Al terzo posto Take Shelter di Jeff Nichols. Opera seconda, premiata alla semaine de la critique a Cannes 2011, è apparsa a tutti, allora, l’esatto controcanto dell’elegia di Malick.

Minaccioso, disturbante, metaforico, il film interpretato da Michael Shannon e Jessica Chastain è la sorpresa dell’anno, giustamente recuperata in extremis, ma ignorata dai più. Un incubo che non vi abbandonerà facilmente.

Al quarto posto, sceso all’ultimo dal podio, per noi c’è Hugo Cabret, sintesi perfetta delle due anime del cinema di Scorsese, quella del prezioso documentarista e conservatore dei capolavori del passato e quella del grande narratore, capace di ogni magia con la macchina da presa.

Forse il risultato ha fatto storcere la bocca a qualcuno, per il tono zuccheroso più adatto alle corde di uno Spielberg e per l’idologia,  in fondo, conservatrice mostrata da uno dei maggiori iconoclasti del primo secolo di cinema. Ma in fondo l’operazione culturale volta alla riscoperta di un passato così straordinario, ci sembra assolutamente meritevole e tutt’altro che di retroguardia.

A seguire un nutrito gruppo di film che abbiamo amato ugualmente alla follia: innanzitutto il formalista Drive di Nicolas Winding Refn, un atto d’amore al cinema anni ’80. Un trionfo di azione rarefatta e silenzi interminabili, un eroe solitario e invincibile, che riparte, ferito, alla luce del tramonto.

Fin dalla proiezione notturna di Cannes, ci è rimasto nel cuore.

Subito dietro il miglior film italiano di una stagione complessivamente deludente: Cesare deve morire. Ci volevano i fratelli Taviani, lucidissimi ottantenni per ridare verità e bellezza al testo di Shakespeare, vivificato dalle prove maiuscole di un gruppo di carcerati di Rebibbia, a cui non resta che l’arte, per evadere da condanne spesso senza fine.

Al settimo posto, appaiati, due film che vengono dal passato, che la distribuzione italiana ha fatto finta di riscoprire lanciandoli in pochissime copie nei mesi estivi: Hunger, opera prima di Steve McQueen e Silent Souls di Aleksei Fedorchenko.

Il primo viene direttamente da Cannes 2008 (!?) , il secondo da Venezia 2010. Entrambi premiati allora, entrambi invisibili sino ad oggi, entrambi da riscoprire nelle poche sale cinematografiche o in home video.

Due film in fondo che parlano di morte e di sacrificio. Strepitoso Michael Fassbender, la cui fama recente è stata decisiva per il rilancio del film che l’ha messo sulla mappa del cinema internazionale.

Ottavo posto per La talpa, spy story firmata Le Carrè ed affidata alle sapienti mani dello svedese Tomas Alfredson, autore del già pregevole adattamento di Lasciami entrare. Nelle sue mani, l’intrigo di Tinker Tailor Soldier Spy si scioglie in tante straordinarie prove d’attore, con un realismo spesso sconosciuto al mito delle spie inafferrabili. Gary Oldman, sontuoso, guida un cast con i più bei nomi inglesi: un film che non smetteremmo mai di rivedere.

Al nono posto C’era una volta in Anatolia di Nuri Bilge Ceylan, uscito a distanza di un anno dalla presentazione a Cannes.

Un film di sfumature, dialoghi apparentemente semplici, che nascondono però verità brucianti e confessioni impossibili.

L’unico altro film hollywoodiano in classifica, assieme a quello di Scorsese. E’ L’arte di vincere – Moneyball, diretto, dopo il rifiuto di Soderbergh, da Bennett Miller (Capote) ed interpretato e prodotto da Brad Pitt.

Un film che parla dell’ossessione della vittoria e dell’audacia di chi è disposto a mettere in discussione abitudini consolidate, in nome di una buon idea. Tratto dalla vera storia del manager sportivo Billy Beane, un’altra prova maiuscola di Brad Pitt, impostosi alla distanza come uno dei più interessanti della sua generazione, quella che conta Cruise e Depp, Clooney e Smith, Crowe e Penn.

Appena al di là dei dieci, in un’annata complessivamente buona, c’è Shame, opera seconda di Steve McQueen, scandalo annunciato a Venezia: un’altra straordinaria ricognizione sul corpo e sulla ricerca disperata di comunicare se stessi, nelle forme più estreme. E ci sono i premi Oscar The Artist e Midnight in Paris: un film francese che parla dell’America degli anni ’20 ed un film americano che parla della Parigi degli anni ’20, quella della Festa mobile di Hemingway. Due film bellissimi, fuori dal tempo e dallo spazio, che non raccontano magari nulla di nuovo, ma lo fanno magnificamente.

Per Allen è un miracoloso ritorno ad una felicità narrativa, purtroppo temporanea, come testimonia il tonfo di To Rome with love.

L’exploit di The Artist non dice molto sul talento di Hazanavicious, nè del suo prevedibile radioso futuro di Premio Oscar, ma rimane una commedia godibilissima che ha trovato il suo pubblico e gli ha regalato 90 minuti di ironia, commozione, malinconia, spensieratezza: cosa chiedere di più?

Fuori classifica perchè non sono usciti in sala, vi segnaliamo cinque film: innanzitutto Elena di Andrey Zvyagintsev, film di chiusura di Un certain regard 2011 a Cannes. Fosse uscito sarebbe stato tra i primi tre. Una parabola agghiacciante ambientata tra i ricchi della nuova Russia, dove quello che conta sono solo i legami di sangue e i soldi. Leggete la nostra recensione e cercatelo in rete. Un capolavoro.

Quindi i documentari Project Nim di James Marsh e Tabloid di Errol Morris, l’ultimo film di Bela Tarr, The Turin Horse, andato in onda a Fuori Orario, quindi Killer Joe di William Friedkin, colpo di fulmine a Venezia 2011 ed ancora inedito in Italia e negli Stati Uniti.

Questa la classifica integrale, con qualche curiosa accoppiata. Ed ora a voi lettori: quali sono i vostri preferiti?

1. Faust
2. Una separazione
3. Take Shelter
4. Hugo Cabret
5. Drive
6. Cesare deve morire
7. Silent souls & Hunger
8. La talpa
9. C’era una volta in Anatolia
10. L’arte di vincere
11. Shame
12. The Artist & Midnight in Paris
13. Carnage & Young Adult
14. Millennium – Uomini che odiano le donne
15. Il buono il matto il cattivo
16. Polisse & La guerra è dichiarata
17. This must be the place
18. A dangerous method 
19. Il primo uomo
20. L’alba del pianeta delle scimmie  

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