Il buono il matto il cattivo ***
Misteri della distribuzione italiana: dopo essere staato presentato in anteprima e fuori concorso al Festival di Cannes nel 2008, la Tucker film lancia in Italia solo ora questo spettacolare western di Kim Jee-woon, autore noto per i precedenti Two Sisters e Bittersweet life e per il successivo I saw the Devil, clamoroso successo in tutto l’Estremo Oriente.
Evidente omaggio al western di Sergio Leone, in Italia si era visto al Far Est Festival di Udine, ma da allora se ne erano perse le tracce.
Il buono il matto il cattivo è stato invece il film più costoso prodotto in Corea, 17 milioni di dollari, presto recuperati in sala, vincitore di quattro Blue Dragon Awards – i premi cinematografici nazionali per Miglior Regia, Scenografia, Fotografia e Premio del Pubblico – ed ha totalizzato ben 7 milioni di spettatori e 44 milioni di dollari di incassi in otto settimane di programmazione.
Non proprio un film di nicchia. Eppure per vederlo in Italia abbiamo dovuto attendere oltre tre anni.
Sull’apparente schizofrenia dei nostri distributori e sulla velleità di un approccio così estemporaneo e frammentato abbiamo più volte detto la nostra. Non è certo lanciando in sala un film di tre anni fa, che si può convincere gli spettatori ad affezionarsi ad un cinema e a dei volti, che per il cinefilo sono notissimi e meravigliosamente evocativi, ma che non dicono nulla al grande pubblico.
In particolare il cinema coreano, a partire dal nuovo secolo, ci ha regalato opere di una vitalità straordinaria, film d’autore, politici, dell’orrore, thriller polizieschi, racconti di poetica leggerezza, commedie romantiche.
Nell’opera di Kim Ki-duk, Bong Joon-ho, Hong Sang-soo, Lee Chang-dong, Park Chan-wook abbiamo spesso trovato urgenza narrativa, felicità espressiva, divertimento, commozione, messa in scena curatissima e grande padronanza dei mezzi.
Solo la timidezza e la mancanza di una politica culturale complessiva hanno alienato al grande pubblico la conoscenza di una cinematografia così vitale.
La Tucker Film cerca di colmare un vuoto e gliene va riconosciuto il merito, ma nel monfo di oggi, chi era interessato a vedere Il buono il matto il cattivo l’ha probabilmente già fatto, attraverso la rete o con i dvd importati. Anzi ha probabilmente visto anche il successivo I saw the Devil.
Per tutti gli altri, riscoprire oggi questo meraviglioso western ambientato nella Manciuria degli anni ’30, occupata dai Giapponesi, in cui tre fuorilegge si contendono la mappa di un immaginario tesoro, è una gioia senza fine.
Il cattivo è Chang-yi, un killer dandy che veste con un elegante gessato nero: è stato assoldato da un’organizzazione criminale coreana, per recuperare la mappa dalle mani di un ricco banchiere giapponese.
Il buono è Do-won, un cacciatore di taglie infallibile: anche lui è sulle tracce della mappa, per conto dell’Esercito Indipendentista Coreano, che lotta contro l’occupazione giapponese.
Il matto è Tae-gu, un ladro apparentemente sprovveduto, che si ritrova con la mappa dopo averla sottratta al suo proprietario, proprio mentre i due criminali assaltavano il treno dove il banchiere viaggiava.
Convinto che si tratti della chiave per scoprire il tesoro sepolto della dinastia Qing, deve vedersela con tutti quelli interessati alla mappa per motivi politici o per avidità. Persino l’esercito giapponese si mette sulle tracce di Tae-gu che viaggia su un magnifico sidecar.
Al memorabile scontro sul treno, seguono quelli al mercato e quindi l’interminabile inseguimento nel deserto sulle note fuori tempo dei Santa Esmeralda.
E’ una straordinaria e scatanata caccia all’oro, in cui Kim Jee-woon dimostra un’abilità fuori dal comune. Nelle scene di massa come nel triello finale, la sua macchiana da presa appare inasausta, mobilissima, coadiuvata da un montaggio magistrale, in cui i piani si moltiplicano, gli angoli di visione esplodono in un fuoco d’artificio virtuosistico che non ha nulla della ieraticità di Leone, ma che sembra ispirarsi molto di più alla lezione di Peckinpah.
E’ un film che non si prende mai troppo sul serio, costruisce tre personaggi memorabili e li conduce a rotta di collo in un’avventura senza tregua, in cui lo stile si fa esaltazione cinetica, gioco, meraviglia.
Prodotto in un momento di difficoltà del cinema coreano, tra crisi economica e riduzione della quota nazionale, Il buono il matto il cattivo osa sfidare i blockbuster americani sul terreno d’elezione, l’avventura ed il western, e lo fa mettendo in scena uno spettacolo di livello eccelso, che rifiuta i facili effetti computerizzati per affidarsi alle performance straordinarie dei suoi attori e degli stunt coinvolti, che rendono meravigliosamente entusiasmanti le cavalcate a rotta di collo i duelli con le pistole e le fughe precipitose.
Se cercate due ore di intrattenimento e cinema purissimo, riscoprire Il buono il matto il cattivo: non ve ne pentirete.
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