La guerra è dichiarata ***
Presentato alla Semaine della Critique a Cannes 2011 e poi al Torino Film Festival, La guerra è dichiarata è un film difficile da recensire, perchè rappresenta per immagini una storia che gli interpreti hanno vissuto in prima persona.
Valerie Donzelli è una giovane attrice e regista francese, con esperienza per lo più televisiva. Il suo secondo film è il racconto della sua relazione con l’attore Jeremie Elkaim, della nascita del loro figlio Gabriel e della loro lotta, lunga e devastante, con la malattia.
Nel film gli attori perdono i loro nomi di battesimo e diventano gli universali Romeo e Juliette, amanti sfortunati per antonomasia. Il piccolo Gabriel diventa quindi Adam: in fondo ancora una volta si tratta del racconto di un “primo uomo“.
Il film comincia dalla fine: madre e figlio in ospedale, il piccolo di 8 anni si sottopone ad una risonanza magnetica.
Poi il film fa un passo indietro di una decina d’anni. Ad una festa Romeo incontra Juliette. E’ amore a prima vista, gioioso, liberatorio, tenero come solo in un film francese potrebbe essere.
La Donzelli si richiama direttamente alla libertà formale della Nouvelle vague e riempie il suo film di tagli di montaggio ellittici e per attrazione, di immagini surreali, iridi e zoom, voci off che si alternano, come forse avrebbe fatto un giovane Francois Truffaut.
L’innamoramento e la nascita di Adam sono giocati su un meraviglioso senso del ritmo e della commedia sentimentale, che il film riesce curiosamente a mantenere anche quando al piccolo bambino viene diagnosticato un tumore al cervello.
La Donzelli ci mostra come i due protagonisti reagiscano alla malattia cercando di trovare tra di loro e nei familiari la forza di resistere: la guerra è dichiarata e combattuta, giorno per giorno. Prima con i pediatri, poi in ospedale a Marsiglia, quindi a Parigi, con i luminari prima invisibili, poi umanissimi, infine in un centro specializzato, perchè il tumore è rarissimo e richiede cure lunghe e aggressive.
Il film è anche, da questo punto di vista, una ricognizione impressionante nella sanità pubblica francese, nella sua eccellenza e nella sua umanità.
E’ un lungo percorso di resistenza quello di Romeo e Juliette, un viaggio che qualcuno doveva pur raccontare dalla parte giusta: non quella della commozione e della lacrima facile, ma quella della lotta quotidiana, delle piccole, grandi battaglie, vinte e perse, senza mostrare mai più di quello che effettivamente era necessario.
Romeo chiede a Juliette: perchè proprio a noi? Lei ottimisticamente risponde: perchè siamo in grado di superarlo. La realtà sarà diversa…
Il punto di vista non è mai quello del piccolo Adam, nè quello del dolore, ma quello della battaglia dei suoi genitori e del loro coraggio.
Ed è un punto di vista meravigliosamente cinematografico, in cui il rapporto tra realtà e rappresentazione finisce in un cortocircuito fecondo e modernissimo: la Donzelli ha girato il film solo con una macchina fotografica Canon, coinvolgendo amici e parenti, assieme agli attori, ma senza mai rinunciare al suo sguardo di autrice, prim’ancora che di madre e compagna.
L’emozione ed il coinvolgimento trascendono i personaggi e la storia, per includere la loro messa in scena, in un montaggio senza sosta.
Non c’è mai un’immagine casuale, una scelta banale, tutto sembra nascere da una padronanza assoluta del racconto e da una distanza che la Donzelli ha dovuto necessariamente ricostruire ex post, trattandosi della sua vita e della malattia di suo figlio: certo si muove su un terreno minato, ma riesce a disinnescare tutte le possibili deflagrazioni, mantendosi in equilibrio tra sentimentalismo e approccio documentaristico.
La messa in scena di questo viaggio doloroso e privatissimo, è in fondo un modo per la Donzelli ed Elkaim di esorcizzarlo e superarlo, regalandolo al pubblico, mettendolo in scena senza sconti, in prima persona.
Il film è lontano dal rigore che altre opere, buon ultima Stopped on track, hanno riservato alla malattia. Ma riesce a trovare una sua strada personalissima, per coinvolgere lo spettatore in un tour de force al fianco dei due protagonisti.
La vita continua per Romeo e Juliette, in un modo o nell’altro, anche in una serata passata al luna park.
La guerra è dichiarata rimane un film di difficile collocazione, in cui l’autobiografia personale si unisce a quella cinematografica, sino alla sua perfetta sintesi nel finale sulla spiaggia, in cui i tre personaggi si ritrovano uniti, per un’ultima volta.
[Ancora una volta, dopo i bellissimi Una separazione e Cesare deve morire è la Sacher distribuzione di Nanni Moretti a distribuirlo in Italia. Complimenti!]
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