La corsa all’Oscar di Cesare deve morire dei fratelli Taviani è finita in anticipo. Come oramai succede quasi tutti gli anni, per i film italiani.
La forza anche politica che avevamo, in seno all’Academy, fino alla metà degli anni ’90 è completamente sparita. Persino i film più forti ed originali annegano presto: era successo a Gomorra. E’ successo anche quest’anno.
E succede, da molto tempo, per alcuni dei migliori film in circolazione, anche non italiani. Le regole di selezione della speciale giuria messa in piedi dall’Academy, vengono contestate tutti gli anni: il risultato più evidente è che nè Audiard o Haneke, nè Wong Kar-Wai o Von Trier o Sokurov hanno mai vinto un Oscar.
Ecco i superstiti di quest’anno, tra cui spiccano Amour di Haneke, no di Pablo Larrain e Sister della Meier:
- Austria, “Amour,” Michael Haneke, director
- Canada, “War Witch,” Kim Nguyen, director
- Chile, “No,” Pablo Larraín, director
- Denmark, “A Royal Affair,” Nikolaj Arcel, director
- France, “The Intouchables,” Olivier Nakache and Eric Toledano, directors
- Iceland, “The Deep,” Baltasar Kormákur, director
- Norway, “Kon-Tiki,” Joachim Rønning and Espen Sandberg, directors
- Romania, “Beyond the Hills,” Cristian Mungiu, director
- Switzerland, “Sister,” Ursula Meier, director
Gli esclusi eccellenti di quest’anno sono lo spagnolo Blancanieves, il Leone d’Oro Pietà, il tedesco Barbara, il belga Our Children, Life without principle di Johnnie To ed il vincitore di Un certain regard, After Lucia.