Le Pupille

Le Pupille ***

Quando Alfonso Cuaron ha chiesto ad Alice Rohrwacher un cortometraggio natalizio da portare in dote a Disney+, la regista di Corpo Celeste e Lazzaro Felice ha pensato che non ci fosse nulla di più adatto del breve racconto che Elsa Morante scrisse all’amico Goffredo Fofi proprio in occasione di una lettera d’auguri nel 1971.

Ambientato nell’Italia fascista, all’interno di un orfanotrofio gestito dalle suore, Le pupille è un altro segno della straordinaria originalità poetica della Rohrwacher, capace di evocare ancora una volta un mondo arcaico, fuori dal tempo, ma dentro la Storia.

Alla vigilia di Natale, dopo una piccola e improvvisata rivolta delle bambine all’ennesimo retorico bollettino di guerra – in favore del celeberrimo e liberatorio swing di Rabagliati, Ba Ba Baciami piccina – la priora decide di lavare la bocca col sapone a tutte, purificandole dalle parole licenziose della canzone. Serafina, l’unica che non ha ballato e cantato con le altre, si rifiuta di sottoporsi alla punizione e viene tacciata così di una cattiveria d’animo che si rivelerà provvidenziale poche ore dopo.

All’orfanotrofio infatti viene regalata un’enorme e rossa zuppa inglese, fatta con 70 uova, da una donna perdutamente innamorata di un uomo sposato, perchè le bambine preghino più intensamente per il suo amore sfortunato.

La priora chiede alle bambine il sacrificio di rinunciarvi, sperando segretamente di regalarla al vescovo, ma Serafina, la bambina “cattiva” pretende la sua fetta, vanificando la assai più terrena captatio benevolentiae. 

Il destino dell’enorme dolce sarà tuttavia ancor più beffardo.

Il piccolo film di 37 minuti è pieno di quell’ironia sottile eppure non meno pungente che abbiamo imparato a conoscere nei tre lungometraggi della Rohrwacher.

Come in Corpo Celeste, la rigidità del precetto e della norma religiosa sono messe in discussione dall’innocenza dell’infanzia, che non è aliena tuttavia all’astuzia e all’inganno.

In questo piccolo racconto natalizio c’è il gusto della Rohrwacher per un’umanità autentica, i cui desideri sono spesso frustrati dalla malvagità altrui o semplicemente da un conformismo che pretende il rispetto di regole divenute incomprensibili.

Ancora una volta le protagoniste sono delle bambine, Serafina e le altre, che si ribellano ad un destino già scritto, alla rigidità di un’educazione formalista, in nome di una libertà che si fa sberleffo e gioco.

Valeria Bruni Tedeschi si ritaglia il solito formidabile cameo nei panni dell’amante delusa, mentre la sorella Alba gioca con la sua immagine sempre un po’ troppo rigida e ingessata, nei panni della priora.

Ma le vere protagoniste sono le piccole pupille che giocano al cinema con spontaneità pasoliniana, che recitano un presepe vivente, ballano scatenate e poi cantano parti della lettera originale della Morante, con spirito genuinamente francescano.

La Rohwacher è capace anche questa volta di una sensibilità non comune, sia pure in un divertissement natalizio che fa della forza sovversiva dell’immaginazione la chiave di una liberazione necessaria ed entusiasta.

Candidato all’Oscar per il miglior cortometraggio.

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