À jamais *1/2
Fuori Concorso
Laura e Rey vivono in una casa affacciata sul mare. Lui è un regista, lei interpreta delle performance di sua invenzione. Rey muore: incidente o suicidio? La lascia sola nella casa, ma ben presto la situazione cambia. C’è qualcuno lì con lei. È Rey, con lei e per lei, come un sogno più lungo della notte, per farla sopravvivere.
Tratto dal romando Body Art, scritto da Don De Lillo all’inizio del secolo, il nuovo film di Jaquot vorrebbe essere una meditazione sulla creazione artistica, un melò sull’assenza e l’abbandono e uan storia di fantasmi.
Troppo in verità: lo spunto, in verità piuttosto esile, racconta di un regista, Ray, e una performance artist, Lauren, che si conoscono ad una proiezione, decidono di vivere assieme in una grande casa sul mare.
Lui sta scrivendo il suo nuovo film, lei si limita a osservarlo nella sua routine.
Dopo aver visto un’ultima volta la sua musa e compagna di vita, il regista si suicida in moto.
Lauren comincia tuttavia a vedere un fantasma che ha il volto di Ray, usa le sue parole, abita la loro casa. Questa ossessione diventa così un personaggio, una performance.
Il film è tutto qui. Se forse sulla pagina scritta, l’intreccio poteva sembrare inquietante e profetico, Jaquot gli toglie ogni tensione.
Nonostante la bravura dei due interpreti, nella seconda parte il film si sfilaccia in apparizioni catatoniche, rumori sospetti, scambi di persona e personalità, in un trionfo di noia che rende interminabili persino i brevissimi 85 minuti di durata.
Difficile raccontare i fantasmi a cinema: persino Assayas nel suo Personal Shopper ha fatto fatica. Jaquot purtroppo aveva di fronte a sè un compito impari, reso più difficile dalla scrittura scarna di De Lillo, che avrebbe dovuto rimanere nell’immaginazione dei suoi lettori.