Beasts of the southern wild – Re della terra selvaggia **1/2
Un certain regard
L’opera prima di Benh Zeitlin e’ un curioso ed affascinante racconto da fine del mondo, visto attraverso gli occhi di una bambina di sei anni, la prodigiosa Hushpuppy (Quvenzhane’ Wallis), che vive con il padre, Wink, in una sorta di capanna ai confini dalla nostra civiltà.
Siamo nel profondo sud degli Stati Uniti, in una comunità bayou della Louisiana, sul delta del Mississipi: accanto a loro due si muove un gruppo di dropout ed esiliati, poverissimi eppure felici della loro esistenza. C’e’ tutto il fascino misterioso della vita randagia, in una terra battuta dal sole, magica, piena di insidie.
Una tempesta di proporzioni bibliche spazzera’ via le poche certezze dei protagonisti, spingendoli a ricominciare tutto daccapo. Hushpuppy e gli altri rifiutano l’aiuto delle autorita’ e non vogliono vivere nelle tende linde e asettiche dei volontari.
Nel frattempo arrivano da un tempo lontanissimo degli strani animali preistorici, simili ad enormi cinghiali, chiamati Aurochs.
Quando le condizione di salute di Wink si fanno sempre più precarie, la piccola Hushpuppy si mette in cerca della madre.
Difficile sintetizzare davvero una storia che vive di momenti isolati, di straordinaria improvvisazione, di brusche accelerazioni e frenate fantastiche e che ripensa, all’uragano che ha spazzato via New Orleans, come ad un segno del destino e della storia, da cui si può uscire solo recuperando lo spirito della propria comunità.
Il realismo magico di Zeitlin e’ certamente affascinante, ma il racconto degli ultimi della terra si giova di una protagonista di rara espressivita’ e simpatia contagiosa. Tutto il film e’ avvolto in una luce calda ed in un’atmosfera sospesa.
Come ha scritto David Denby sul New Yorker, i protagonisti “just want to enjoy, in liberty, their own special existence, which for them provides satisfactions as complete as any they know of“. 1
Zeitlin sembra animato da una profonda comprensione dell’umanita’ southern, fatta di poche cose semplici, come pollo fritto, pesce e crostacei, stregoneria e superstizione. La scena nel bar in cui Hushpuppy ritrova – forse – la madre che li ha abbandonati molti anni prima, vale l’intero film.
C’è forse un certo conservatorismo culturale ed ideologico, che si manifesta nel rifiuto di ogni modernità e in un’adesione alla natura ed ai suoi ritmi di stampo completamente anarchico e fatalista.
L’ospedale e tutte le strutture di una moderna civiltà sono rappresentate come istituzioni oppressive, posti da cui è necessario fuggire. Il film tocca certamente un nervo scoperto nella rappresentazione dello Stato come una macchina di repressione che si auto-perpetua, con il fardello della modernità che produce solo alienazione: in questo contesto la ribellione ad ogni regola di una bambina di sei anni suona come un incongruo e velleitario anelito ad una libertà senza condizioni, ma anche senza responsabilità.
Quando arriva infatti l’inondazione, la comunità di Hushpuppy fa saltare una diga, senza troppo preoccuparsi delle sue conseguenze per chi vive dall’altra parte.
Il messaggio di Zeitlin sembra essere vicino ad un edonismo apocalittico e individualista, in cui la comunità si riduce alla sua forma più ridotta, quella formata da se stessi e dalla propria famiglia.
Ma se Beasts of the southern wild è sufficientemente ambiguo come film politico, la sua forza risiede nella sincerità del racconto e nella forza emotiva dei suoi protagonisti, immersi in un’atmosfera fuori dal tempo e dallo spazio.
Una sorpresa che arriva dal Sundance Film Festival.
In Italia si chiamerà Re della terra selvaggia. In uscita il 7 febbraio 2013.
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1. David Denby, The New Yorker, 23 July 2012
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