The Disaster Artist. Recensione in anteprima!

The Disaster Artist **1/2

James Franco è un regista e un attore generoso. Non c’è progetto abbastanza ambizioso o ruolo sufficientemente complesso, che lo spinga a desistere.

Nel corso degli anni ha accumulato una serie pressochè infinita di partecipazioni, di seconde parti, di apparizioni in film altrui, accanto ad un’attività di scrittura e regia capace di sfidare l’adattamento più improbabile: i suoi ultimi progetti sono nati da opere di Cormac McCarthy, William Faulkner, John Steinbeck, Charles Bukowski.

La lista dei suoi progetti in lavorazione è lunga quando quella di una casa di produzione.

The Disaster Artist è tuttavia una felice deviazione dal percorso che Franco aveva intrapreso: nessun grande romanzo, ma solo il memoir scritto dall’attore Greg Sestero sull’amicizia con il misterioso collega Tommy Wiseau e sulla lavorazione del disastroso film The Room, talmente pessimo, da diventare ovviamente di culto, nelle midnight madness americane.

Il film si apre infatti con le dichiarazioni di alcuni fan del film, J. J. Abrams, Lizzy Caplan, Kristen Bell, Adam Scott e Danny McBride. Poi la finzione prende la scena e incontriamo i due protagonisti a San Francisco, studenti senza talento in una classe di recitazione. Se Wiseau è però eccessivo, sempre sopra le righe, narcisista ed esagerato, Sestero è timido, incapace di esprimersi, insicuro.

L’uno sembra mitigare i difetti dell’altro. Approfittando delle disponibilità economiche illimitate e misteriose di Wiseau, i due si trasferiscono a Los Angeles, per tentare il grande salto nel mondo del cinema.

Ma l’impatto con Hollywood è più difficile del previsto. Wiseau è un tipo strampalato, con i capelli lunghi, il volto irregolare, un fortissimo accento dell’europa dell’est. Sestero è un belloccio come ce ne sono troppi. Nessuno dei due sembra avere il minimo talento, per poter apparire persino in una serie televisiva di quart’ordine.

Nel frattempo, Greg si innamora di una barista e Tommy decide di scrivere da sè il proprio film, sfidando il sistema, che li ha subito emarginati. Il film si intitola The Room ed è naturalmente un racconto autobiografico e romanzato dell’incontro tra i due attori.

Ancora una volta il misterioso Wiseau sembra poter attingere a risorse illimitate: paga di tasca sua quasi sei milioni di dollari per realizzare il film, assoldando cast & crew, in completa autonomia.

Ma dirigere un film non è un’impresa così semplice…

Scritto da  Scott Neustadter e Michael H. Weber (500 giorni insieme, The Spectacular Now, Our Souls at Night) il film vorrebbe essere l’Ed Wood degli anni 2000, ma la poetica burtoniana del freak incompreso e volonteroso, capace di superare le avversità del set e della vita con lo slancio dell’ingenuità, qui si trasforma in una riflessione altrettanto personale, ma forse meno cinefila.

Quello di Wiseau non è un modo diverso di fare cinema, capace di superare i limiti economici con un artigianalità ruspante e tragicomica. Il suo The Room non ha nulla da insegnare, a nessun livello. Se qualunque aspirante regista potesse avere subito sei milioni di dollari a disposizione, senza dover rendere conto a nessuno, il mondo sarebbe pieno di film orrendi.

La storia di The Disaster Artist è invece quella di una grande amicizia, di una complicità maschile capace di vincere ogni ostacolo, ogni incomprensione. In un mondo che li ha subito messi all’angolo, i due protagonisti trovano ciascuno nell’altro, il motivo per non mollare.

Il rapporto tra Wiseau e Sestero ha qualche ombra evidente anche nel film di Franco, che tuttavia opera una mimesi assoluta e simbiotica con il suo personaggio.

La fascinazione che esercita Wiseau su Franco è evidente. In qualche modo, l’attore si rispecchia nell’indipendenza assoluta e programmatica del suo protagonista, perchè in fondo, nella grande Hollywood capitalistica sta cercando di fare lo stesso percorso, accumulando risorse per poi utilizzarle a proprio piacimento, con un coraggio che spesso sfocia nell’incoscienza e nonostante la diffidenza di molti e gli esiti non proprio memorabili.

L’amatorialità di Wiseau, che preferisce acquistare le macchine da presa invece di noleggiarle e non sa bene se girare in pellicola o in digitale, è in fondo una dichiarazione d’intenti per lo stesso Franco, sia pure ad un livello diverso.

E’ una commedia amara questo The Disaster Artist, che gioca ovviamente con il fallimento artistico e personale di Wiseau, in modo complice e sadico, al contempo.

Non è un caso che Wiseau non abbia rilasciato commenti dopo aver visto il film. Rivedersi non dev’essere stato semplice. Ed anche se, nel tempo, il suo The Room ha trovato un pubblico capace di apprezzarne l’ironia inconsapevole, il film di Franco sembra voler riaprire una ferita, con affetto, certamente, ma anche con una certa crudeltà.

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