Moonrise Kingdom ***
Film d’apertura. In concorso
Primo giorno al 65 Festival di Cannes. L’apertura e’ di Wes Anderson, con il suo nuovo Moonrise Kingdom.
Ed e’ un’apertura in chiaroscuro. Anderson rifa’ se stesso raccontando la storia di due ragazzini, che decidono di fuggire insieme e coronare il loro sogno d’amore su un isola del New England, contro i pregiudizi delle famiglie e delle istituzioni.
Siamo nel 1965, Sam e’ orfano e passa da una famiglia all’altra senza trovare pace. Affidato ad un gruppo scout, progetta la fuga con Suzy, che abita sull’isola dove sorge il campo delle giovani marmotte. Si sono conosciuti un’estate ed hanno passato l’anno successivo a pianificare un modo per sottrarsi alle loro famiglie, naturali ed acquisite.
Devono pero’ fare i conti con il capo scout (Ed Norton), con un poliziotto fallito ed innamorato della madre di Suzy (Bruce Willis), con i servizi sociali (Tilda Swinton) e naturalmente con la famiglia di Suzy (Bill Murray e Frances McDormand).
I piccoli scout si mettono alla ricerca del compagno che ha tradito, si mobilitano elicotteri e autorita’, finche’ i due non vengono ritrovati abbracciati sotto una tenda dopo un paio di giorni di “esperimenti di convivenza”. Torneranno a scappare nuovamente, anche grazie all’aiuto del cugino Ben (Jason Schwartzman), che li unisce in matrimonio e li protegge fin che può.
Moonrise Kingdom e’ il solito fuoco d’artificio di Anderson: pur in una cornice ancor piu’ maliconica – che esaspera il suo minimalismo sentimentale e la continua constatazione del fallimento delle istituzioni sociali – il regista si diverte a ricostruire scenografie da favola, sfruttando i set con un’inventiva da illustratore.
I lunghi carrelli laterali si legano in piani sequenza incantevoli, consentendo la costruzione di un mondo fantastico e fasullo al tempo stesso: la casa di Suzy, il campo scout e il campo base, la chiesa, persino la roulotte in cui vive il capo della polizia, sono piccoli gioielli di decor. A ricreare un New England della fantasia contribuisce questa volta, in maniera determinante, la colonna sonora di Alexandre Desplat, che fonde magnificamente l’esistenzialismo francese degli anni ’60, Benjamin Britten, Hank Williams, e la musica classica, Mozart, Schubert, Sans Saens. Davvero un capolavoro di montaggio sonoro.
Anderson non sembra avere nulla di nuovo da dirci, nel raccontare un’altra famiglia disfunzionale in cui le aspettative di tutti verrano inevitabilmente frustrate, prima della ricomposizione finale. L’unica convivenza possibile può nascere solo dopo aver accettato il fallimento individuale e collettivo: in fondo il suo cinema e’ tutto ancora contenuto nei due film che l’hanno rivelato, il prodigioso Rushmore e lo struggente I Tenenbaum.
Ad Anderson interessano ancora i nerd tanto intelligenti, quanto facili alla depressione e le famiglie disastrate, sempre sull’orlo della crisi di nervi.
Certo la direzione d’attori e’ come sempre straniante ed indovinata, anche quando si apre a novità come Bruce Willis, Ed Norton e Frances McDormand ed i suoi film non somigliano che ai suoi precedenti, ma qui in particolare manca un po’ di quell’umanità, quel coinvolgimento emotivo che rendeva memorabili i suoi primi film ed il funambolico Mr. Fox, così come il più sfortunato dei suoi film, Le avventure acquatiche di Steve Zissou.
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