Philomena ***
E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta.
T.S.Eliot “Four Quartets”
Il film di Stephen Frears, interpretato da Steve Coogan e Judi Dench, è un piccolo viaggio nella memoria e nella verità, che affonda le sue radici in una storia vera.
Martin Sixsmith era un giornalista che lavorava come spin doctor del governo di Tony Blair, quando fu costretto senza colpa alle dimissioni nel 2001.
In cerca di una buona storia per riprendere il suo vecchio lavoro, finisce per appassionarsi alla storia di Philomena, un’anziana signora di origini irlandesi che, affidata alle suore, sin da ragazza, fu costretta a dare in adozione il proprio bambino, senza aver più la possibilità di rintracciarlo.
Il bimbo, frutto del peccato e di un parto nel dolore, era stato venduto a ricchi americani che potevano pagare la somma necessaria per l’adozione.
Ma i registri sono bruciati in un incendio sospetto e le anziane sorelle si rifiutano di collaborare in alcun modo.
Siamo dalle parti di Magdalene di Peter Mullan, Leone d’Oro una decina di anni fa, con tutta la crudeltà e il malcelato sadismo che spesso è stato associato alle istituzioni religiose britanniche.
Come se il Nuovo Testamento non fosse mai arrivato nell’Irlanda cattolica, in questa sorta di lager per fanciulle abbandonate si somministravano la giustizia degli uomini e quella di Dio con un moralismo disgustoso.
Sono passati cinquant’anni nel corso dei quali nessuno ha voluto rivelare a Philomena chi erano i genitori adottivi di suo figlio Anthony e qual è stato il suo destino.
Martin comincia ad indagare e con abilità e fortuna rintraccia negli Stati Uniti i dati dell’immigrazione di Anthony, che nel frattempo ha cambiato nome e città ed ha avuto una vita, a suo modo, straordinaria.
Non riveleremo nulla di più di un viaggio che vale la pena di essere vissuto a fianco dei due straordinari protagonisti, impegnati in un duetto che non ha nulla di patetico, ma che vive del contrasto e delle asprezze che si creano tra due persone, accomunate da uno stesso obiettivo, ma distanti per nascita, educazione, cultura.
Il film di Frears è perfetto nella scrittura, nei dialoghi, nella messa in scena invisibile e nella gestione dei tempi: un’opera di grandissima personalità e di altrettanto grande mestiere, che alterna il presente ed il passato con sapienza ed equilibrio e che evita ogni eccesso drammatico ed ogni semplificazione, in favore dell’onestà a ciglio asciutto.
La denuncia degli orrori del passato non prevarica mai il senso complessivo di un viaggio che riserverà molte sorprese per Philomena e che la porterà in territori assai poco confortevoli per una madre.
Con una storia così emozionante e coinvolgente, affidata a due attori superbi e ad un regista di grande esperienza, il film finisce per scorrere magnifico, senza una nota stonata.
Sinora il migliore del concorso veneziano, un solido candidato a tutti i premi maggiori. Meritata ovazione alla proiezione stampa del mattino.
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