L’image manquante ***1/2
Qual’e’ l’immagine mancante, che il regista Rithy Panh sta cercando?
Difficile a dirsi. E’ forse quella capace di dare un senso ai quattro anni della dittatura di Pol Pot e dei Khmer Rossi in Cambogia. O quella che riporti alla memoria il ricordo della propria famiglia, sterminata nel terrore cupo del regime.
Per rispondere al colpo di Stato del generale Lon Nol, aiutato dalla CIA nel 1970, il vecchio sovrano Sihanouk si alleo’ con il Partito Comunista della Kampucea e riprese il potere assieme quest’ultimo, prima nelle campagne e quindi conquistando la capitale Phneom Penh.
I Khmer Rossi imposero la dittatura del proletariato nel 1975 ed instaurarono un regime di atroce tirannia, deportando tutta la popolazione nelle campagne ed impiegandola in massacranti campi di lavoro.
La repressione di ogni opposizione politica e le condizioni di lavoro disumane dei campi, determinarono la morte di circa un milione e mezzo di cambogiani, su una popolazione complessiva di 7 milioni.
Un genocidio inarrestabile, che Rithy Pan racconta in due modi: con le immagini ufficiali, che la propaganda di Pol Pot aveva fatto girare, per magnificare le sorti progressive del paese e con la messa in scena di quelle mancanti attraverso centinaia di piccoli pupazzi di terracotta, costruiti e filmati dal regista in modo originalissimo e poetico.
La voce dell’autore si presta ad un viaggio nella memoria della propria famiglia e del proprio paese. Un esercizio doloroso e tragico di ricostruzione di quegli anni rimossi, di quelle immagini mancanti. Un viaggio emozionante e travolgente che cerca di colmare il vuoto di una memoria collettiva rimossa e cancellata.
Nel raccontare lo sterminio fanatico di un intero paese e quello dei propri genitori e del fratello, Rithy Panh cerca di mantenere la giusta distanza, tra il fortissimo coinvolgimento personale e questa strana forma di animazione, riuscendoci alla perfezione.
Un capolavoro che emoziona, ferisce, commuove profondamente.
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