Una madre e due figlie sulla banchina di un porto francese, sul punto di prendere la nave. Una telefonata improvvisa annuncia l’irreparabile.
Passano gli anni e quando le due ragazze Jessica e Farah sono ormai adulte ritornano in Corsica, assieme alla madre Khédidja, che si occupa dei tre bambini piccoli di una famiglia facoltosa in vacanza sull’isola.
Il ritorno riapre ferite mai sanate, smaschera bugie di comodo, fa riaffiorare questioni identitarie e familiari sepolte.
Jessica è stata ammessa a Sciences Po a Parigi, la sorella Farah invece non ha alcuna voglia di studiare, è uno spirito ribelle, incapace di accettare il compromesso e l’ipocrisia. Nella piccola comunità locale il loro arrivo non passa inosservato. A casa della famiglia borghese presso cui lavora la madre, Jessica conosce Gaia, la figlia più grande che ha la sua età: tra le due la passione sembra crescere inesorabilmente. Ma Gaia è il suo esatto l’opposto: ha lasciato l’università, non si fa scrupolo di sfruttare i soldi e le conoscenze del padre, sembra già annoiata dalla vita, se non fosse per l’improvvisa apparizione di Jessica.
Le retour è il secondo film in concorso a Cannes per la Corsini, dopo il modesto e populista Parigi, tutto in una notte.
Il film si muove su coordinate risapute, con i rovelli esistenziali della seconda generazione di immigrati, che si mescolano alle tragedie del passato e al confronto generazionale e sociale, all’interno di un contesto progressista solo a parole.
Ovviamente le differenze caratteriali e di aspirazioni tra le due sorelle sono l’asse narrativo portante, che le spinge verso un progressivo allontanamento, segnato in modo sin troppo simbolico dal montaggio alternato della festa a cui entrambe partecipano, all’insaputa dell’altra. Solo che in modo altrettanto risaputo la Corsini le riunisce nel finale, in nome di una autenticità proletaria che la bella borghesia corrotta e viziosa aveva minato.
Tutto già visto e già sentito infinite volte. Il ricatto sentimentale del passato che incombe e che pretende il suo spazio, rende ancor più fragile un film esile e irrisolto, che semplifica i problemi invece di restituirne l’ambiguità e la complessità, che sa sempre dove stare e con chi stare, che banalizza movimenti e passioni, in ritrattini buoni per autoassolversi.
L’elaborazione del lutto diventa così solo uno strumento per muovere l’azione, introducendo nella vita di Khédidja e delle figlie elementi di disturbo: l’amico del marito e la madre non hanno alcuna vera funzione narrativa, non apportano nulla.
Si sentono solo i tasti della tastiera dello sceneggiatore.
Quanto al racconto dell’estate, del tempo che passa lento tra spiagge, musica e innamoramenti, fa rimpiangere il Kechiche di Mektoub, My Love: qua manca il coraggio, la radicalità, la pazienza di osservare, la capacità di sentire, tutto insomma.
Del tutto pretestuoso il suo inserimento nel concorso ufficiale. Meglio sarebbe stato in Quinzaine o a Un certain regard: il gioco delle aspettative talvolta è fatale.
Cosa resta allora di questo modesto Le retour? Poco, pochissimo. Se non per le anime belle che si sentono rassicurate da questo ritratto femminile, sempre dalla parte giusta, moralista quanto basta, ma incapace di sporcarsi davvero le mani con la vita.
P.S. In Francia il film è stato accompagnato da polemiche piuttosto severe per una serie di comportamenti inadeguati sul set che avrebbero coinvolto la Corsini direttamente e per una scena a sfondo sessuale con minori non dichiarata preventivamente, che ha portato al ritiro dei finanziamenti del CNC.
‘ Posso immaginare…