Se n’è andato ieri pomeriggio l’ultimo gigante del teatro italiano.
Luca Ronconi, da quindici anni direttore artistico e regista del Piccolo Teatro di Milano, lascia un vuoto incolmabile.
Sin dai suoi esordi negli anni ’50, dopo il diploma all’Accademia di Arte drammatica di Roma, come attore nella compagnia di Gassman e poi come regista con Massimiliano Pani e Gianmaria Volontè, si fa notare per le sue grandiose trovate sceniche, la direzione degli attori, lo spirito iconoclasta e avanguardista.
La fama mondiale la raggiunge nel 1969 con un adattamento dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, nella versione di Sanguineti, rimasto memorabile ed approdato anche a New York. Sulla scena Mariangela Melato, Ottavia Piccolo, Vittorio Mezzogiorno e Michele Placido.
Dirige la sezione teatro della Biennale di Venezia, poi fonda e dirige nel 1977 il Laboratorio di progettazione teatrale di Prato dove sperimenta senza tregua dai classici greci sino al teatro russo.
Dirige lo Stabile di Torino dal 1989 al 1994, poi il Teatro di Roma dal 1994 al 1998. Memorabile il suo Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus al Lingotto, mentre a Roma restano nella memoria Quer pasticciaccio brutto da Gadda, che approda anche in televisione e I fratelli Karamazov.
Ronconi rifugge, soprattutto negli anni della maturità, gli adattamenti dei classici del teatro, preferendo lavorare all’adattamento di romanzi, testi scientifici, saggi, spingendo il suo lavoro di regia verso orizzonti impensabili.
Alla morte di Giorgio Strehler eredita la direzione artistica del Piccolo Teatro di Milano.
Qui dà vita ad una produzione inesausta, sia con gli allievi della scuola del Piccolo, sia con la sua compagnia di attori, spesso guidata da Massimo Popolizio.
La vita è sogno di Calderon de la Barca e Il sogno di Strindberg sono i suoi primi lavori milanesi.
Indimenticabile la sua Lolita da Nabokov con Franco Branciaroli, Massimo Popolizio, Galatea Ranzi e Laura Marinoni, Infinites ospitato nei capannoni della Bicocca e poi Il professor Berhardi di Schnitzler, la trilogia Prometeo incatenato, Le baccanti e Le rane.
L’ultimo suo spettacolo, ancora in programmazione al Piccolo Teatro, racconta l’ascesa e la caduta dei Lehmann Brothers, con i suoi amati Massimo De Francovich, Massimo Popolizio, Fabrizio Gifuni.
Solo un anno fa, aveva festeggiato gli 80 anni con la consueta inesausta vitalità. Il suo teatro di regia, visionario, imponente, ha sempre richiesto una partecipazione forte anche da parte del pubblico.
Non lascia eredi.