Venezia 2013. Si alza il vento

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The wind rises  **

Ecco il Miyazaki che non ti aspetti. Dopo una lunghissima carriera nell’animazione, cominciata negli anni ’70 e proseguita con una serie ininterrotta di capolavori all’ombra dello Studio Ghibli, il suo undicesimo ed ultimo film, in concorso al Lido, ma già uscito nelle sale giapponesi, è una delusione cocente, che nulla aggiunge alla poetica del suo autore.

C’è un’inedita mancanza di leggerezza in The wind rises, nonostante Miyazaki racconti ancora una volta l’illusione/ossessione del volo.

Il film è colpevolmente sciatto e convenzionale anche dal punto di vista visivo, senza mai un’invenzione, inchiodato ad un realismo che non è mai stata la cifra del regista giapponese, straordinario creatore di mondi immaginari e di personaggi memorabili.

Il protagonista è un ingegnere aeronautico, Jiro Horikoshi, uno dei pionieri dell’industria giapponese, ossessionato dal volo e dalle creazioni dell’italiano Caproni, che gli appare spesso in sogno, negli unici momenti del film riusciti e innovativi.

Siamo negli anni compresi tra le due guerre, segnati dal terremoto di Tokyo e dall’asse con la Germania hitleriana.

Jiro viene invitato alla Junkers, per studiare i modelli tedeschi e riuscire a dotare il proprio paese di mezzi militari necessari alle sue ambizioni.

Accanto alla storia dei tentativi di Jiro e del suo team alla Mitsubishi, il film va in stallo nel racconto di un’improbabile storia d’amore tra l’ingegnere ed una ragazza conosciuta nel corso del terremoto e poi ritrovata molti anni dopo.

Nonostante la citazione di Paul Valery che lo apre e da cui prende a prestito il titolo, The wind rises non riesce mai a coinvolgere davvero, nè nella parte romantica e neppure in quella avventurosa, entrambe troppo convenzionali.

La storia d’amore è debolissima e piena di clichè narrativi con la giovane amante ritrovata, ricca e malata di tubercolosi, che si immola per il successo del protagonista. La messa in scena è sorprendente priva di qualsiasi idea: un incontro alla stazione tra i due amanti sembra girato da Ozpetek e grida ancora vendetta.

Quanto alla parte che ricostruisce i tentativi di messa a punto di un aereo all’avanguardia, The wind rises ricalca quasi alla lettera molti passaggi di The aviator di Scorsese.

Molto infine è stato scritto a proposito della scelta di dedicare un film a colui che ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione degli aerei che consentirono al Giappone l’attacco a Pearl Harbor.

Nonostante i film di Miyazaki siano sempre stati lontanissimi da qualsiasi glorificazione della guerra o della violenza, qui l’anziano regista inserisce ben due volte una sorta di excusatio non petita, nella quale Jiro si giustifica esplicitamente per il contributo allo sforzo bellico nazionale, con una sottolineatura del tutto evitabile e non necessaria, che suona francamente ipocrita.

Particolarmente fastidiosa altresì, soprattutto in un film come questo, che racconta personaggi reali e che mostra ingegneri giapponesi, italiani e tedeschi, la scelta di uniformare i tratti somatici dei personaggi: è una tradizione dell’animazione nipponica e dello Studio Ghibli, ma suona comunque stonata e falsa, in questo contesto.

Così come appare incomprensibile, anche in relazione al pubblico a cui il film si rivolgerà, la quantità infinita di sigarette che Jiro accende e fuma nel corso di The wind rises: bastava un cartello e qualche voluta di fumo, per ricordarci che siamo negli anni trenta. Invece si fuma più qui, che nei film di Bogart.

The wind rises mi è parso un disastro, un tonfo senile, poco curato anche dal punto di vista grafico e dei disegni, come dimostra la rappresentazione del terremoto di Tokyo, ridotto a puro espediente per far incontrare i due protagonisti.

Peccato che sia questo l’ultimo film del visionario storyteller giapponese, ma come racconta uno dei suoi personaggi, artisti e progettisti hanno una finestra molto stretta, dieci anni in cui creare le loro opere migliori. Miyazaki è riuscito a renderla molto più ampia. Ora è venuto il momento di passare il testimone.

Grazie Maestro!

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