Parkland *
Film di sovrana inutilità, senza spessore e per di più intimamente conservatore e reazionario, che vorrebbe raccontare l’omicidio di John Kennedy attraverso i volti e le parole di un gruppo di persone che si trovavano a Dallas quella mattina di novembre del 1963.
Il più noto è Abraham Zapruder, il commerciante che filmò l’attentato, quindi il capo dei servizi segreti di Dallas, i responsabili dell’ufficio dell’FBI, il fratello di Oswald, infine medici ed infermieri dell’ospedale della città, il Parkland appunto, che tentarono l’impossibile impresa di rianimare il presidente e tre giorni dopo l’attentatore colpito da Jack Ruby.
Il film vorrebbe essere corale, ma risulta semplicemente superficiale, come il pilota di una brutta serie tv, di cui non vedremo mai lo sviluppo. Dei tanti personaggi, solo abbozzati e di cui si vorrebbe sapere di più, se ne ricorda solo uno: Zapruder, interpretato da un convincente Paul Giamatti. Gli altri affondano in un copione ultra-convenzionale.
Il regista esordiente Landesman pensa di poter fare oggi un film su Kennedy, come se James Ellroy, Don De Lillo, Oliver Stone e la stessa commissione Warren fossero passati invano: Oswald è l’attentatore solitario, pazzoide comunista con una madre megalomane, a cui non crede neppure il fratello e che riesce a sparare con un vecchio fucile col mirino starato, colpendo il presidente tre volte.
E non è un caso se, pur parlando di Zapruder e dedicando metà film al famoso filmino, le riprese di quella mattina a Dallas non si vedano mai nel film: l’omissione della verità comincia proprio con l’omissione delle immagini.
Un film orrendo dal punto di storico, politico, cinematografico. Il catatonico Zack Efron interpreta uno dei medici. A Venezia a presentarlo non è venuto nessuno degli attori. Non ci credono neanche loro…
Il vero mistero è come sia finito in concorso.