Regina rossa: l’intelligenza di Antonia per combattere crimini inimmaginabili

Regina Rossa ***

La prima sequenza di Regina rossa, serie Prime Video in sette episodi, ci mostra uno strepitoso campionario di tentativi di suicidio. Impiccagione, harakiri, veleno, salto dal cornicione di un palazzo: tante piccole miniature medievali, incastrate nella cornice metafisica, vagamente lynchiana, di una stanza vuota.

L’aspirante suicida è sempre la stessa donna, Antonia Scott. I quadretti sono il prodotto della sua mente. Il quoziente intellettivo di Antonia è stratosferico, 242. Antonia fa parte di un’unità investigativa d’élite finanziata… dall’Unione europea. Ora però non ne vuole sapere più, né di serial killer che confondono il crimine con la performance artistica, né di morti ammazzati secondo rituali a dir poco macabri. Antonia ha un marito in coma e un figlio che non vede quasi mai. La sua vita è giunta a un punto cieco. Il punto da cui si possono diramare, appunto, solo sentieri interrotti.

Passi pesanti e fiato corto, un poliziotto sale le scale, ignaro dell’esistenza di un provvidenziale ascensore. Visibilmente appesantito da “qualche” chilo di troppo (la colpa è imputabile alle irresistibili tortillas di sua madre Maritxu), basco di Bilbao e gay dichiarato, Jon Gutiérrez è incaricato di un compito non facile. Mentor, il misterioso agente segreto che dirige le operazioni,ha individuato in Gutiérrez l’uomo giusto per convincere lei, la regina rossa, a tornare operativa sui luoghi del crimine. Un peccatuccio veniale commesso in servizio non lascia troppi margini di manovra al simpatico Jon. Solo portando a termine la missione potrà riavere il distintivo.

Madrid, la città di ambientazione di Reina Roja, ha ancora bisogno di Antonia. Un ragazzo, il rampollo di una ricchissima famiglia, è stato ucciso. Come dice la protagonista, non esiste un bel modo per morire, anche se, a prima vista, l’equivalenza tra vittima e opera d’arte è posta. La testa del figlio di Antonia Trueba risulta sezionata con chirurgica precisione. Un lavoro di fino, scientifico, invidiabile per l’inarrivabile originalità della composizione finale… La tecnica utilizzata dal maestro è un condensato di malvagità disumana. Il corpo impietrito, la coscienza vigile, il sangue che scorre via goccia a goccia. Solo Antonia riesce a intuire l’accaduto. Abbiamo detto intuizione? No, correggiamoci. Antonia vede, vive, sta dentro le connessioni. Il suo cervello percorre il dedalo dei rapporti di causa-effetto fino a imboccare la strada giusta. Tutto questo ha un costo.

Antonia soffre di allucinazioni. Scimmie urlanti e aggressive affollano la sua testa. Solo una pillola riesce a disintegrarle. Antonia detesta essere sfiorata, men che meno toccata o abbracciata. Tra sé e il mondo ha innalzato un muro. Il maniaco intanto continua a colpire. Stavolta non è un omicidio. Carla Ortiz, anche lei molto ricca, viene rapita. Dietro i crimini spunta una mano sola, quella di Ezechiel, una voce nell’ombra, un nome che rimanda a un libro del Vecchio Testamento. “I figli non devono pagare per le colpe dei padri”. Il mostro recita il suo mantra in solitudine, mentre le sue prede deperiscono tra le mura di un tugurio. La contropartita è sul piatto. Ezechiel ha chiesto a Laura Trueba e a Ramón Ortiz, genitori non irreprensibili, qualcosa, che però non gli viene concesso. Una cosa impossibile, dicono loro.

L’antagonista di Antonia si chiama Mr. White. Un uomo con una maschera. O una donna. Di lui, o lei, si dice che sia la persona più intelligente al mondo. Mr.White può vantare una sola rivale.

Mentor ha cercato in lungo e in largo qualcuno che sapesse rispondere a un test in maniera non convenzionale. Forse vi sarà capitato di imbattervi in un rompicapo morale. Breve digressione: il dilemma del conducente.

“Il conducente di un treno si rende conto che i freni si sono rotti, mentre sta sfrecciando a tutta velocità in mezzo a una prateria. Sul binario, davanti a lui, ad una certa distanza, si trovano cinque operai che stanno facendo dei lavori di manutenzione. Se il treno impazzito continua la sua corsa, i cinque operai verranno investiti, in quanto non c’è abbastanza spazio ai lati del binario per mettersi al riparo. Per fortuna, il binario principale si biforca in uno secondario poco prima di raggiungere le cinque persone. Il conducente può evitare di ucciderli se devia il treno in quest’altra direzione. Sfortunatamente, però, un altro operaio sta lavorando sul binario laterale… Il conducente si trova, dunque, di fronte al seguente dilemma: non fare nulla e lasciare che i cinque operai vengano travolti sul binario principale o deviare il treno e così provocare la morte dell’operaio che si trova sul binario secondario. È lecito deviare il treno?” (tratto da Ruwen Ogien, Del profumo dei croissant e delle sue conseguenze sulla bontà umana. 19 rompicapi morali, Laterza).

L’esperimento morale ideato dalla filosofa Philippa Foot risale al 1967 e l’89 per cento dei soggetti sottoposti al test rispose che SI, è lecito deviare il treno. PERO’, una variante dell’esperimento produsse un esito radicalmente diverso. Se per salvare i cinque operai si dovesse sacrificare un uomo di grosse dimensioni (diciamo un tipo alla Jón Gutierrez, magari simpatico come lui) e fossimo noi a spingerlo dall’alto di un ponte pedonale contro il treno? Solo l’11 per cento dei partecipanti reputò lecito agire in questo modo.

La domanda posta ad Antonia Scott nel test è molto simile. Cambia qualcosa, una petroliera al posto del treno e una piattaforma come punto d’impatto, ma il senso è lo stesso. Antonia chiede ai selezionatori di precisarle un dato, un’informazione all’apparenza inutile, cui nessuno aveva pensato. Sulla base delle coordinate geografiche Antonia può dire, con assoluta certezza, che quella ipotetica nave con 25 persone a bordo si trova in territorio artico e verrà bloccata dai ghiacci. Nessuno dovrà fare nulla e tutti saranno salvi. E Jon cosa farebbe? Quando si conoscono, Antonia lo sottopone allo stesso esperimento.

La risposta di Jon (gettarsi giù…) piace molto al nostro genietto vestito di rosso. I due sembrano destinati a diventare amici. In effetti è così. L’amicizia, però, a volte segue strade tortuose. La serie sposa l’ironia quale registro privilegiato, anche per stemperare i toni crudi. “Quella ragazza è strana come un torero con gli occhiali”. Jon pensa di aver trovato il punto debole di Antonia. Non ha la patente! Antonia, che invece sa guidare… a memoria, al momento giusto si lancia in un inseguimento contromano in autostrada a trecento chilometri all’ora. Quando poi si tratta di dover disinnescare ordigni piazzati nel sottosuolo di Madrid, la scelta cade su un colore. Indovinate quale.

Una stretta di mano, nel mondo capovolto di Regina rossa, è l’eccezione. La mano che Antonia concede a Jon nel terzo episodio, la mano che Ezequiel, in uno dei momenti connotati da più alta tensione, blocca in una stretta micidiale. Eccezionali sono le parole utilizzate per suggellare alcuni momenti di felicità. Mångata, in svedese, significa riflesso della luna sull’acqua. La traduzione, però, è un’approssimazione. Esistono termini destinati a restare intraducibili, come alcune esperienze. Antonia ne vive una con un uomo paralizzato da un ictus, che le chiede, attraverso gli occhi, di mettere fine alle sue sofferenze. È un dialogo invisibile, toccante.

E tante sono le esperienze che possono avvicinare due persone, soprattutto se si tratta di un uomo con un falso completo Tom Ford e una donna dai gusti opinabili in fatto di cibo. “Dove tu vedi qualcosa di poetico, io vedo un testo da decifrare”. Jon chiede fiducia e la ottiene. Antonia gradualmente rivela dettagli del suo passato. Anche lei è una vittima, del sistema e dei suoi poteri, degli altri e, suo malgrado, di se stessa.

Jon Gutiérrez, il “poliziotto fantastico”, come si autodefinisce, è emigrato in una Madrid tanto omofoba e retrograda da sembrare ancora quella di Francisco Franco. Soprannominato giza itzala (l’uomo ombra, in basco), Jon introduce Antonia nel suo mondo, occupato dalla figura di una madre premurosa. Maritxu, superba cuoca e farmacista in pensione, ci fulmina con una battuta di questo tenore: “se mio figlio non fosse diventato agente di polizia, forse avrei fatto la fina di quel brav’uomo di Breaking Bad”. Standing ovation.

A lungo andare, la trama si gonfia di elementi paradossali. Eppure, l’insieme funziona. Regina rossa invita lo spettatore a non pretendere troppo dalla storia. Il piacere è dato dall’inverosimile. La struttura, garantita dal romanzo di partenza di Juan Gómez-Jurado, una fortunatissima trilogia pubblicata in Italia da Fazi editore, è solida. Il cast ruota attorno ai due protagonisti, entrambi bravissimi. L’agente orso e la ragazza aliena, uniti da un’istintiva simpatia, sono interpretati rispettivamente da Vicky Luengo (Antidisturbios, Suro) e Hovik Keuchkerian (il Bogotà de La casa di carta). Manifestamente complementari anche solo per fisicità, i due formano una coppia di investigatori strampalata e di sicuro affiatamento. Urko Olazabal (premio Goya per Una donna chiamata Maixabel) è il respingente ispettore Parra. Celia Freijeiro (nota in Italia per aver recitato nella soap Sei sorelle) interpreta l’ingrato ruolo di Carla Ortiz.

E i cattivi? Nacho Fresneda (lo ricordiamo in The Realm di Rodrigo Sorogoyen, il regista di As Bestas) è il disturbante / disturbato Ezequiel, o quantomeno la sua versione maschile. Nei panni di Sandra abbiamo l’attrice catalana Andrea Trepat (vista in Rifkin’s Festival di Woody Allen). La sua intepretazione è di brutale intensità, all’altezza della crudeltà instillata dagli autori nel personaggio.

Chi è Sandra? Una figlia risorta, una perversa complice o una manipolatrice al di là di ogni morale? La scena dell’irruzione alla Quentin Tarantino nella scuola parla da sé. Non esiste pietà. Nemmeno per Ezequiel, il cui nome designa una verità più profonda. “Un profeta parla per un potere superiore. Un profeta annuncia colui che verrà”. La paura non ha volto, è il negativo che inghiotte i colori e la speranza. Sandra incarna un male assoluto, un male che trascende la realtà del dolore. Un male svincolato dalle leggi fisiche, comprese quelle che dovrebbero significare, per una persona normale, morte certa. Ma Sandra è pur sempre una donna. Per questo Antonia, che vede oltre le facili apparenze, ci riporta sulla terra e ci ammonisce.

Il male è un concetto infantile. L’orrore è sempre umano e ha le sembianze del nemico. Qualcuno è sulle tracce di Antonia e forse precede Sandra nella catena di comando della violenza.

Il complesso residenziale di lusso opposto al reticolo delle fogne, il paradiso dei ricchi contro l’inferno dei disgraziati… il gioco dei simboli è esplicito. “Tutti pensano: che bella Madrid, è piena di vita! Ma non sanno cosa c’è laggiù”. Laggiù ci sono i fantasmi, i malvagi, i ratti, i matti e alla fine “diventi come loro”, dice ai due investigatori l’ex collega di Fajardo, il vero nome di Ezequiel in un tempo antecedente la sua metamorfosi in mostro. Il protagonista dei Ricordi del sottosuolo di Dostoevskij lamentava, qualche decennio prima di Kafka, di non essere riuscito a trasformarsi in insetto. La coscienza fa restare umani.L’amore fa restare umani. Nel momento in cui Antonia vede suo figlio, è umana. Quando si siede accanto a suo marito in ospedale, è umana. Il QI non conta. Quello che il mondo chiama regina rossa è solo una madre, una moglie, una donna.

Titolo originale: Reina roja

Numero di episodi: 7

Durata: un’ora l’uno

Distribuzione: Prime Video

Uscita in Italia: 29 febbraio 2024

Genere: Thriller, Crime

Consigliato a chi: pensa che le scarpe siano un inutile impiccio, fa finta di dormire per ascoltare le conversazioni altrui, ricorda a memoria le mosse della finale mondiali di scacchi del 1972.

Sconsigliato a chi: non sa scegliere i regali, fischietta sempre le canzoni che ha in testa, crede che 1111 sia una password sicura.

Visioni e letture parallele:

  • Un libro che illustra parole intraducibili: Ella Frances Sanders, Lost in translation, Marcos y Marcos, 2015.
  • Conoscere qualcuno a Madrid: José Ovejero, L’invenzione dell’amore, Voland, 2018.
  • Storie animate surreali e psichedeliche: Retrospettiva su Suzan Pitt, disponibile su Mubi.

Una forma d’arte: i murales.

Una danza: il flamenco.

Un piatto: le cocochas.

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