Cannes 2012. Holy Motors

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Holy Motors ***1/2

In concorso

Splendida ed imprevista sorpresa del concorso, il ritorno al cinema dopo oltre un decennio di Leos Carax e’ felice e riuscito.

Holy Motors comincia con un prologo misterioso, in cui vediamo le sperimentazioni di Marey e Demeny (Homme nu, tirant sur une corde del 1892), poi il controcampo assoluto di una sala buia, quindi una camera da letto, dove un uomo si sveglia e trova una porta sconosciuta nascosta nella parete di un muro, che conduce direttamente nella galleria di un cinema.

Dall’alto l’uomo (Leos Carax in persona) osserva la platea, poi un gigantesco molosso attraversa le file.

Quindi uno stacco netto ed ecco che ci ritroviamo a casa del Sig.Oscar: e’ l’alba di una nuova giornata di lavoro, una limousine bianca lo viene a prendere e comincia un lunghissimo giro che durera’ sino a notte fonda in cui il protagonista deve presentarsi a nove appuntamenti, in realtà passando da un personaggio all’altro, cambiando ogni volta faccia e identita’, in un gioco trasformistico meraviglioso e spesso sublime.

La messa in scena e’ scoperta, gli appuntamenti richiedono trucco, parrucche, costumi sempre nuovi. La limousine e’ arredata come un camerino teatrale, dove ogni volta la magia della performance prende forma. Mr. Oscar e’ di volta in volta un capitano d’industria, una povera e storpia mendicante, un attore che lavora sulla motion capture, poi lo straordinario demonio Monsieur Merde – personaggio già visto nell’episodio del collettivo Tokyo! – che rapisce una modella impassibile, interpretata da Eva Mendes, quindi il padre di un’adolescente timida e timorosa degli altri.

Nell’entracte, che divide a meta’ il film, il protagonista diventa un suonatore di fisarmonica, in un momento musicale formidabile, tutto girato in una chiesa, quindi si ritorna ai travestimenti: un killer che uccide se stesso, un anziano sul letto di morte ed infine, dopo aver incontrato una collega – forse un’amante – arrivata alla fine delle sue repliche, torna a casa dove l’aspetta una famiglia di scimpanzè (!).

Leos Carax rimette in sesto il motore dell’azione cinematografica, riportando l’attore al centro della scena. Grazie alle straordinarie capacita’ mimetiche di Denis Lavant, con lui sin dai tempi de Gli amanti del Pont Neuf, costruisce un meccanismo perfetto e folle allo stesso tempo, capace di parlare lucidamente ad un pubblico che all’inizio vediamo come addormentato e che risvegliandosi, finisce per assistere ad un film che gli chiede di non subire passivamente, ma di farsi interprete e protagonista.

I personaggi di Holy Motors sono immagine anche di tutti i film possibili e mai girati da Carax, nei lunghissimi anni di silenzio.

Holy Motors e’ un’opera fuori scala, che ragiona sui confini dell’interpretazione e sul palcoscenico assoluto, quello della vita, che si e’ trasformato ancora di piu’ in un set, dove occorre essere qualcuno anche solo per tornare a casa la sera. Altro che Reality. La commedia qui si fa vertigine, maschera, rappresentazione pirandelliana, in un continuo rilancio al suo pubblico.

Ci sono alcuni momenti di cinema purissimo, rappresentazione assoluta, gesti di bellezza e grazia, che restano nella memoria: la scena incredibile della performance capture, finzione nella finzione, l’assalto di Monsieur Merde, i due momenti musicali e l’addio all’amata, interpretata da Kyle Minogue.

Mr. Oscar si chiede ad un certo punto dove sono le telecamere, dov’e’ finito il pubblico. Lo chiede al misterioso committente interpretato da Michel Piccoli, che sembra gestire le sue performance.

Intanto, cosi’ come mostra mirabilmente l’episodio del set fotografico, tutto e’ normalizzato, l’eccesso e’ stato digerito e inglobato, nulla fa piu’ scalpore. E allora persino le limousine a fine giornata possono mettersi a parlare, lamentandosi degli uomini che sembrano aver dimenticato il brivido dell’azione, il motore primo del cinema e della vita.

Imperdibile.

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14 pensieri riguardo “Cannes 2012. Holy Motors”

  1. […] Holy Motors e’ un’opera fuori scala, che ragiona sui confini dell’interpretazione e sul palcoscenico assoluto, quello della vita, che si e’ trasformato ancora di piu’ in un set, dove occorre essere qualcuno anche solo per tornare a casa la sera. La commedia qui si fa vertigine, maschera, rappresentazione pirandelliana, in un continuo rilancio al suo pubblico. […]

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