Con la collaborazione di Alessandro Vergari e Marco Albanese
Ci eravamo lasciati in modo drammatico nel finale romano della seconda stagione, con l’ufficiale dell’intelligence britannica Eve Polastri (Sandra Oh) ferita gravemente dall’affascinante killer psicopatica Villanelle (Jodie Comer). L’esatto contrario del finale della prima stagione, quando era stata Eve a pugnalare Villanelle in un appartamento parigino.
Piccoli screzi che si superano quando il rapporto è solido: la pallottola infatti non ha colpito organi vitali e ritroviamo Eve che cerca di costruirsi una nuova vita, proprio come Villanelle che ha scelto di sottrarsi al passato da sicaria. Ma quando Villanelle viene richiamata in servizio da un nuovo personaggio, Dasha (Harriet Walter), ex ginnasta sovietica diventata una spietata assassina, anche Eve è costretta a riconsiderare le proprie scelte: il gioco del gatto con il topo ricomincia. Killing Eve è soprattutto questo, ma non solo: è anche un racconto, da una prospettiva mai banale, sulla femminilità: sorprenderà molti fan sapere che farà irruzione nella serie il tema della maternità. Villanelle pensa seriamente ad avere un bambino!
La terza stagione ha una nuova showrunner, Suzanne Heathcote (Fear of the walking dead) a testimonianza che la produzione crede molto nella storia (e nel cast) e quindi non teme di affidare la guida della macchina ad un autore diverso ogni stagione. Naturalmente rimarrà ben presente la mano di Phoebe-Waller-Bridge, showrunner della prima stagione e produttrice esecutiva del progetto.
Le indiscrezioni parlano di una stagione con meno humor e più investigazione. Più azione meno battute brillanti sarebbe quindi la ricetta proposta da Suzanne Hearthcote, con la speranza di replicare il successo delle stagioni precedenti.
La data ufficiale di uscita in America, inizialmente prevista per il 26 Aprile, è stata anticipata al 12 Aprile. In Italia la distribuzione avverrà come per le precedenti stagioni tramite Tim Vision che però non ha inserito la serie tra quelle in uscita nel mese di Aprile. Ci vorrà ancora un poco di pazienza quindi per immergersi nuovamente in questo affascinante gioco di guardie e ladri.
DA: maggio (presumibilmente)
DOVE: Tim Vision
NUMERO EPISODI: 8
GENERE: action, drama, thriller
PER QUELLI CHE: amano le storie di avventura che fanno dei giri immensi e poi ritornano al punto di partenza: dopo averti portato sulle montagne russe attraverso mezza Europa, s’intende. (F.R.)
Il primo maggio Netflix renderà disponibile l’ultima creatura di Ryan Murphy e del fido Ian Brennan, suo collaboratore di vecchia data (Glee, scritta proprio da Brennan, esordì del 2009). Ryan Murphy sta quindi per tornare. La fama del grande produttore di Indianapolis è legata innanzitutto ad American Horror Story, una serie antologica entrata ormai nella leggenda. Nelle ultime due produzioni distribuite da Netflix che recano la sua firma, Pose e The Politician, lo sguardo si è soffermato su soggetti all’apparenza lontani tra loro. In realtà, sia che si tratti della comunità transgender di New York City negli anni Settanta/Ottanta, sia che venga raccontata l’ambiziosa campagna elettorale di un ragazzo della California, emerge sempre la predilezione di Murphy per le figure marginali e gli outsiders.
Di cosa parla quindi Hollywood? Negli otto episodi, ambientati nell’immediato secondo dopoguerra, incontreremo un giovane Rock Hudson interpretato da Jake Picking (visto in Soldado di Stefano Sollima e presente nel sequel di Top Gun, previsto per fine 2020). Le vicende sono note. Hudson, morto di AIDS nel 1985, non dichiarò mai, anzi, non poté dichiarare la propria omosessualità. Lo star system hollywoodiano fece muro e occultò la verità sulle sue inclinazioni sessuali. Nella serie compaiono anche Hattie McDaniel, la ‘Mami’ di Via Col Vento, prima donna di origini afroamericane a vincere un Oscar, qui interpretata dalla cantante e rapper Queen Latifah, e Anna May Wong, prima attrice sino-americana ad assurgere al rango di celebrità internazionale, che in Hollywood ha il volto di Michelle Krusiec.
Hollywood stringe il focus narrativo su stereotipi, pregiudizi e ipocrisie, il lato oscuro di quell’America dorata che ha colonizzato il nostro immaginario. Anziché insistere sul crudo realismo delle situazioni vissute, la serie si pone la classica domanda “come sarebbero andate le cose se…” e sviluppa una traccia conseguente. E se il potere lo avessero coloro che finora sono stati costretti a nascondersi? “Hollywood”, ha dichiarato Ryan Murphy, “può davvero cambiare il mondo”. Darren Criss, vincitore dell’Emmy Award per American Crime Story: The Assassination of Gianni Versace veste i panni di un regista esordiente. Dylan McDermott è invece Ernie, un ‘facilitatore’ di incontri clandestini che opera nei pressi di un distributore di benzina… Siamo pronti ad un viaggio tra le mappe stellari di Hollywood?
DA: 1° Maggio 2020
DOVE: Netflix
NUMERO EPISODI: 8
GENERE: Drama
PER QUELLI CHE: rimangono incantati quando, cambiando canale, si imbattono in un film degli anni Cinquanta (A.V.)
Lindbergh o Guerra!
L’idea di adattare il romanzo ucronico di Philip Roth del 2004, in una serie di sei puntate per HBO, avrebbe potuto sembrare lontana dal mondo narrativo di David Simon e Ed Burns, i due creatori di The Wire, raffinatissima esplorazione delle dinamiche sociali, economiche, culturali, educative e malavitose della Baltimora dei primi anni duemila e, per sineddoche, dell’intero Paese.
Ma Simon soprattutto, nel corso degli anni successivi, ha continuato ad aggiungere capitoli preziosi al suo grande romanzo americano con Treme, Show Me a Hero e The Deuce, raccontando come la geografia morale e politica delle città americane e il loro sviluppo urbanistico vivano in rapporto simbiotico con le scelte degli uomini, che le abitano.
Ed è forse proprio a partire da questa riflessione, che si può trovare il punto di contatto con il romanzo di Roth, ambientato nel New Jersey degli anni ’40, scosso dalla candidatura alla presidenza, per il partito conservatore, dell’aviatore Charles Lindbergh, simpatizzante hitleriano, contrario ad ogni intervento in Europa.
Quali riflessi avrebbe avuto l’ascesa di Lindbergh sulla inquieta comunità ebraica americana?
La serie ce lo racconta, attraverso la storia dei Levin, una famiglia di Newark, che si trova divisa e lacerata dalla svolta conservatrice: il padre Herman, agente assicurativo, e la madre Bess decisamente rooseveltiani, i figli Sandy e Philip incerti tra le convinzioni dei genitori e l’ammirazione e la fascinazione per l’eroico aviatore, il nipote ribelle Alvin, arruolatosi volontario in Canada, per combattere in Europa. Sul fronte opposto la zia Evelyn, che scala le gerarchie del potere, grazie all’amicizia particolare col Rabbino Bengelsdorf, uno dei più sinistri alleati di Lindbergh.
Dopo la prima puntata, che serve agli autori per farci entrare nell’atmosfera storica e culturale di quegli anni, presentandoci i protagonisti del racconto, la serie procede implacabile, nella messa in scena di un incubo ad occhi aperti: quello di un Paese che si scopre improvvisamente antisemita, violento, ipocrita e soffocante. Un Paese, che rinuncia alla sua libertà, un pezzo alla volta, quasi senza accorgersene.
I sei episodi sono stati diretti, tre ciascuno dalla talentuosa Minkie Spiro (Downton Abbey, Better Call Saul, The Deuce, Barry, Fosse/Verdon) e dall’espertissimo Thomas Schlamme (Friends, E.R., The West Wing, The Americans, House of Cards).
Nel cast spiccano il mellifluo rabbino, interpretato da John Turturro e l’ambiziosa Evelyn di Winona Ryder.
DA: maggio (presumibilmente)
DOVE: Sky Atlantic e Now TV
NUMERO EPISODI: 6
GENERE: ucronia storica, dramma
PER QUELLI CHE: amano il mondo narrativo di Philip Roth e per quelli che credono che la Storia, persino quella rivisitata, come in questo caso, ci insegni sempre qualcosa sul nostro presente. (M.A.)
La prima incursione di Damien Chazelle nelle serie tv è firmata Netflix e arriva con il carico di attese, che ormai accompagna sempre i lavori del più giovane vincitore del Premio Oscar per la migliore regia.
The Eddy è una serie in otto episodi, ambientati nella Parigi contemporanea, multietnica e vibrante, quanto ce la possiamo immaginare.
Il protagonista è Eliott Udo, un pianista jazz newyorkese, interpretato da André Holland (Moonlight), che è uno dei due proprietari del club The Eddy, dove dirige la band in residence, in cui canta Maja. I due sono coinvolti in una complicata relazione, sopra e sotto il palco.
Quando Eliott scopre che il suo partner nel club, Farid è coinvolto in affari loschi, i segreti cominciano a venire alla luce, e coinvolgono anche la moglie di Farid, Amira.
I due sono interpretati da Tahar Rahim (Il profeta) e da Leïla Bekhti (7 uomini a mollo).
Le cose precipitano però quando a Parigi arriva improvvisamente la figlia adolescente di Eliott, Julie (Amandla Stenberg) che ha deciso di vivere con il padre.
Eliott si troverà a ripensare le scelte del passato per salvare il club e le persone che gli sono più care.
Oltre a Chazelle che dovrebbe dirigere i primi due episodi, gli altri sono affidati a Alan Poul (Tales of the City), Houda Benyamina (Divines) e Laïla Marrakchi (Le Bureau des Légendes).
La serie è stata creata e scritta da Jack Thorne, mentre le musiche sono di Glen Ballard, noto soprattutto per aver scoperto e prodotto Alanis Morissette, ma anche per aver lavorato con Michael Jackson per Thriller e Bad, con Annie Lennox, Katy Perry, Anastacia, Aerosmith, Paula Abdul.
DA: 8 maggio
DOVE: Netflix
NUMERO EPISODI: 8
GENERE: musical, drama
PER QUELLI CHE: hanno amato i film di Chazelle e la sua contagiosa ronde sentimentale e musicale. (M.A.)