Italian gangsters **1/2
Il lavoro di Renato De Maria si distacca significativamente rispetto ai suoi film precedenti, non solo per temi ma anche per la radicalità teatrale della messa in scena.
Raccontando la storia di sei noti criminali italiani che operarono tra il 1945 e la età degli anni ’60, De Maria si affida interamente alle loro parole, tratte da libri e interviste, ed a sei attori ripresi su campo nero, che li interpretano.
Il montaggio utilizza poi immagini di repertorio dell’istituto luce e quelle di altri film di quegli anni, senza soluzione di continuità e senza grande precisione documentaria, ricreando semplicemente il contesto del milieu.
Stiamo parlando del torinese Cavallero, del bolognese Casaroli e dell’emigrato Fantazzini, dei milanesi Lutrig e Barbieri e di De Maria.
L’ambizione è quella di dipingere un ritratto inedito della società italiani negli anni del dopoguerra e del boom economico, attraverso le voci di chi cercò i sfruttare le debolezze prima e le ricchezze poi del nostro paese.
Malavita di quartiere, assai poco organizzata, ma piena di personaggi figli del proprio tempo, ex partigiani, operai, emigrati ritorno ed egoisti che desideravano solo la bella vita.
Sono giovani e affamati, abituati alle armi ed alla violenza, ribelli e conformisti, figure che la stampa del tempo ha esaltato e temuto. Che hanno riempito i libri di Scerbanenco ed i film di Lizzani, Di Leo, Deodato, Petri, Bava, Lenzi e molti altri…
Il ritratto funziona e le scelte di De Maria, per una volta, non appesantiscono il film. Rimangono i dubbi ideologici laddove Italian gangsters, invece di attenersi al rigore documentario, si spinge molto oltre, mostrando una pericolosa adesione alle ragioni ed all’avidità dei sei criminali, creando un’identificazione sin troppo facile e adombrando l’idea che questi spietati giovani gangsters siano il frutto più maturo dell’Italia uscita dalla guerra civile.
Il rischio c’è. E nonostante le (buone) intenzioni, De Maria non lo evita, soprattutto quando utilizza le schegge dei film di quegli anni, in modo decisamente pop.