Irricevibile.
Il nuovo film dell’austriaca Jessica Hausner, il suo secondo il lingua inglese dopo l’altrettanto modesto e superficiale Little Joe, non è solo un pasticcio ideologico intimamente reazionario e pericoloso, ma anche un film sciatto, che stiracchia per 109 minuti un’ideuzza piccola piccola, con una supponenza senza fine e con un moralismo che lasciano senza parole.
Il film racconta l’arrivo in una high school privata e prestigiosa chiamata The Talent Campus, di una nuova professoressa, Miss Novak. Perennemente vestita con polo Ralph Lauren colorate e gonne-pantaloni alla caviglia, tiene un corso di conscious eating, ovvero di alimentazione consapevole. Approfitta di alunni con carenze affettive, madri bulimiche, genitori lontani, con identità sessuali incerte e altri semplicemente bisognosi di ottimi voti per mantenere la propria borsa di studio, per spingerli a mangiare sempre di meno.
In realtà fa parte di una sorta di setta (?) chiamata Club Zero, che sostiene di poter sopravvivere non mangiando assolutamente nulla di nulla tutto il giorno.
La scuola sembra non accorgersi di nulla, anzi l’aria da saputella di Miss Novak, con il suo comportamento passivo-aggressivo e i suoi nobili intenti ecologisti, ambientalisti e animalisti, suscitano all’inizio consensi generali. I genitori dei ragazzi, distratti e afflitti da un invincibile senso di colpa, ragionano secondo i propri pregiudizi di classe e non hanno alcun senso pratico nè acume psicologico. Quando Miss Novak verrà licenziata – non per i suoi metodi suicidi, ma per aver invitato un alunno all’opera – i genitori dei quattro ragazzi più fedeli alla professoressa, non trovano nulla di meglio che riportarli da lei, privatamente.
La notte di Natale accade l’inevitabile.
Il film ha una drammaturgia vicina – quella sì – allo zero. Poste le premesse nel primo atto, non succede più nulla: seguiamo semplicemente i ragazzi nel perseguimento dell’obiettivo impossibile posto da Miss Novak.
Chi è davvero la professoressa? Perchè fa quello che fa? Com’è sopravvissuta sino ad ora? Il film evita qualsiasi risposta, nè mostra mai gli effetti devastanti del digiuno protratto per settimane, da parte dei ragazzi.
La Hausner pensa di cavarsela inserendo all’inizio un peloso disclaimer sui rischi dei disturbi alimentari, ma il suo film in realtà vola bassisimo, vorrebbe fare satira sociale ma non strappa mai mezzo sorriso.
Racconta temi delicatissimi come l’influenza delle istituzioni scolastiche, le rinunce educative delle famiglie, la manipolazione di chi ricopre ruoli di potere, i problemi identitari dell’adolescenza, gli eccessi delle parole d’ordine e dei messaggi radicali, con un tono completamente sbagliato, sempre giudicante e profondamente, intimamente, forse inconsapevolmente reazionario.
Questo Club Zero è solo un concentrato di idiozie e stupidità, ammantate da uno stile algido e disidratato. Uno stupido giochino che sarebbe sembrato eccessivo persino ad un’adolescente in pieno delirio di onnipotenza intellettuale.
L’unico ad essersi divertito è probabilmente lo scenografo che ha svuotato e riscostruito gli ambienti, levigando pareti e angoli, quelli asettici delle aule scolastiche e quelli altrettanto stereotipati delle case dei ricchi.
Gli attori poi si sono impegnati in un tour de force antinaturalistico, in cui sembrano sempre declamare la propria parte su un palcoscenico, con un effetto straniante, che rende il tutto ancor più surreale.
Il concorso di Cannes 76 ha trovato certamente la sua “maglia nera”. Quasi impossibile che qualcuno riesca a fare peggio di così.
Speriamo solo che non finisca come Titane caro Albanese… anche la una stroncatura finita con un palma d oro per un film di cui non si ricorderà nessuno fra qualche anno.. e temo che questa giuria cercherà di stupire e dividere… speriamo per il cinema italiano e per i bei film che fin qua hai raccontato non finisca cosi…
Le valutazioni dei giurati sono imperscrutabili. Però sì, Ostlund potrebbe apprezzare…