I film di Claire Denis sono spesso così radicali che si può solo decidere di accoglierli, accettando le regole d’ingaggio o rifiutarli, abbandonando i suoi personaggi tormentati, le sue introspezioni psicologiche, le sue derive antropologiche post-colonialiste e post-femministe.
Il nuovo film, il secondo che debutta nel 2022 dopo Avec amour et acharnement, che le è valso l’Orso d’Argento per la regia a Berlino, è tratto da un romanzo di Denis Johnson ed è adattato da Léa Mysius e Andrew Litvack.
Nel torrido Nicaragua di oggi, che nel romanzo originale era invece quello della rivoluzione sandinista, Trish Johnson, una giornalista americana che ha smesso di fare il suo lavoro e si è trovata bloccata senza poter ripartire, si innamora di un misterioso inglese, Daniel, che dice di lavorare per una compagnia petrolifera, ma ha alle costole i servizi segreti del Costarica.
Tra i due monta inesorabile la passione, ma i loro riferimenti li abbandonano repentinamente. I protettori di Trish, un anziano ministro e un subtentente dell’esercito, le voltano le spalle; la compagnia petrolifera di Daniel recupera le sue cose in albergo, chiude il suo conto e cancella la sua carta di credito.
I due cercheranno così di passare in Costarica, con i servizi segreti e la CIA sempre un passo avanti a loro.
Il film della Denis cerca nelle atmosfere sudate e minacciose di Panama, dove in realtà è stato girato, quello spleen esistenziale che i suoi antieroi innamorati dovrebbero avere. Si affida alla bellissima Margareth Qualley, che generosamente si concede all’occhio della macchina da presa senza nascondere nulla: passa da un letto all’altro, per amore, soldi o necessità, cerca di giocare il ruolo della femme fatale, ma la storia è troppo esile, troppo ellittica e lascia del tutto indefinito il ruolo del suo co-protagonista maschile che Joe Alwin interpreta senza grande trasporto, affidandosi esclusivamente all’occhio ceruleo e all’incarnato pallido.
Troppo poco per farne qualcosa id veramente interessante. Tutto accade secondo un copione che solo la Denis conosce e per motivi che restano oscuri. Il film è indeciso se privilegiare il melò erotico o il discorso politico ed esistenziale, non trovando mai originalità di sguardo e convinzione.
Pian piano la vaghezza degli intenti contagia anche il rapporto tra i due personaggi e del film non ci importa più nulla.
La Denis non sembra avere idee chiare e anche la sua rappresentazione del Nicaragua, sconta una superficialità occidentale, piena di luoghi comuni e atmosfere languide da spy story. Per una regista che ha fatto della critica al post-colonialismo occidentale un tratto saliente del suo lavoro, è un problema non da poco.
Curiosamente il film è uno dei pochissimi, tra quelli usciti negli ultimi due anni, a mostrare senza vergogna mascherine, covid e test.
Alla fine resta solo la bellezza travolgente e spigolosa della Qualley, con il volto incorniciato da una cascata di riccioli che addolciscono i suoi tratti. Lei sì inconsueta e affascinante.
Ma è troppo poco.