Tori et Lokita

Tori et Lokita **1/2

La prima immagine è un primo piano di Lokita, seduta spalle al muro in un ufficio pubblico anonimo, mentre risponde alle domande di un funzionario per ottenere il permesso di soggiorno: sta cercando di dimostrare di essere davvero la sorella del piccolo Tori, che già una protezione internazionale. I due dormono in un centro pubblico, ma lavorano per uno chef che li usa per spacciare droga.

Lokita deve dei soldi al trafficante che ha consentito a lei e a Tori di sbarcare in Sicilia e cerca di risparmiare qualcosa da mandare alla madre, in Benin, per iscrivere i fratelli a scuola.

La sua è una vita al limite, in balia di uomini a cui non può dire di no, per qualche euro che le serve per sopravvivere. Quando le autorità le rifiutano i documenti, finisce imprigionata in un grande capannone in periferia, dove è addetta alla coltivazione della marijuana.

Lontana da Tori non riesce a stare, ha continui attacchi di panico, ma quando il ragazzino riesce finalmente a trovarla, le cose precipiteranno verso l’inevitabile.

Il nuovo film dei fratelli Dardenne è un’altra ricognizione nella miseria degli uomini, costretti a barattare i diritti con la dignità di stare al mondo.

L’impianto drammatico è sin troppo esplicito e le cose che potrebbero andare male, vanno in realtà malissimo. Purtroppo come accaduto per gli ultimi lavori dei due registi, dietro i loro pedinamenti si sente un certo determinismo che chiude le loro storie su se stesse, in una parabola troppo costruita, in cui non restano margini e possibilità.

Lokita diventa così una di quelle invisibili che caricano su di sè il dolore e la vergogna di tutte le donne maltrattate, usate, sfregiate da  sfruttatori senza scrupoli e umanità. La mancanza del permesso di soggiorno è una chiave che autorizza ogni atrocità disumana. La condizione di clandestinità la condanna ad un nuovo girone dell’inferno, da cui non si può più fuggire, nonostante il miraggio dei documenti.

Tori invece è più fortunato, ma non desidera altro che condividere il suo tempo e il suo affetto con Lokita. E’ l’ultimo a rassegnarsi alla sua assenza, alla sua cattività.

Difficile non empatizzare con i due, anche perchè la costruzione del loro rapporto è una delle cose migliori del film; poco importa se siano davvero fratelli o si siano conosciuti sul barcone verso Lampedusa, il loro legame è fortissimo e indissolubile.

Nonostante Tori e Lokita non sia il loro lavoro migliore e resti complessivamente troppo didascalico e programmatico nel disegnare il destino dei suoi protagonisti, i Dardenne non smettono mai di fare il loro cinema in continua tensione con la realtà.

Peccato che questa volta il messaggio e la tesi siano troppo evidenti e si impongano proprio su quella realtà che i due vorrebbero raccontare e che invece sfugge al controllo della scrittura è contraddittoria, sorprendente, imprevedibile.

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