Chi ha detto che i cartoni sono solo per bambini? Una sequenza di immagini infantili adatta ad un pubblico ancora da svezzare e senza alcuna pretesa, tranne quella di ridere e divertirsi.
“Quando si cresce i film d’animazione non si guardano più”, dicono in molti. “Non c’è profondità dove sono i pixel a farla da padrone”, sostengono altri. Tuttavia, caro lettore, non si può dire niente di più sbagliato.
Inside Out è un’opera trasversale molto ambiziosa, che si ripropone di abbracciare una platea variegata sotto il segno della psicologia e della quotidianità. I bambini gioiranno nel vedere le loro emozioni personificarsi in un mondo colorato e divertente, mentre gli adulti potranno perdersi nelle considerazioni junghiane del genere. Infatti, anni di studi sulla mente umana si riassumono in 94 minuti di pianti e risate a scena aperta, rendendo alla portata di tutti concetti altrimenti astratti e complicati. Questa volta la Disney ha davvero fatto centro.
Negli ultimi anni il percorso della Pixar è stato sorprendente. Hanno iniziato col dar vita ai giocattoli (Toy Story), per poi rendere umani i “mostri” (Monsters & Co.) e gli Scozzesi (Brave), arrivando ad oggi col metapensiero. Emozioni che pensano, o meglio pensieri coscienti che ragionano sulla propria vita e sulla propria crescita, maturando nel tempo con la loro padroncina Riley.
I personaggi eletti hanno nomi bizzarri, come Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura ed hanno tutti i crismi per essere ricordati nelle decadi a venire. Difficilmente si potranno dimenticare la sgargiante Gioia o i colpi di testa del serissimo Rabbia, ma ciò che conta è la loro unione. L’uno non può esistere senza l’altro, perché solo insieme potranno evitare che la situazione precipiti verso l’oblio dell’aridità interiore. Le emozioni “dentro” sono la chiave per comprendere il mondo “fuori”, unico vero nemico capace di schiacciare i sentimenti di una bambina qualsiasi. È un Up all’incontrario, con 5 piccoli amici che devono imparare a gestire la propria emotività, invece di condividerla. Carl era una scatola chiusa, ormai distrutto dalla perdita della moglie, mentre Riley è un fiume in piena senza argini.
Inside Out è il trionfo della quotidianità rappresentata come una splendida avventura. È la normalità che sale in cattedra per trasformarsi in un film d’azione, in una commedia, in un thriller ed in tutto ciò che volete. È il miracolo della vita. Nessuno avrebbe mai detto che un’esistenza così classica potesse essere il fulcro di uno dei migliori film dell’anno, anche se non si è nuovi ad esperimenti di questo tipo. Basta pensare al Boyhood di Linklater per rivivere la crescita di un ragazzo in quasi 3 ore di film, ma questa volta le emozioni sono travolgenti ed alcuni passaggi ormai sono storia. Il momento della cena in famiglia rappresenta l’apoteosi della complessa semplicità con cui si agisce ogni giorno, rapportandosi con un prossimo talvolta in capace di capire.
Anni, o meglio generazioni, di clichè cinematografici vengono riproposti con incredibile sagacia, rendendo nuovo il già visto e strizzando l’occhio a qualche grande classico. Il Chinatown di Polanski risuona imperioso in almeno due o tre circostanze e l’immancabile Hitchcock ritorna nella parte onirica, richiamando la sua “donna che visse due volte”.
Inside Out è ormai storia, ma prima di consegnarlo ai posteri andate a vederlo al cinema.