Lo hobbit – Un viaggio inaspettato

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Lo hobbit – Un viaggio inaspettato **1/2

Peter Jackson ritorna nella Terra di mezzo – dopo la rinuncia di Guillermo Del Toro – per raccontare le avventure del giovane Bilbo Baggins e lo fa con la sua solita grandeur e con il dispiego di mezzi tecnologici e cinematografici d’avanguardia.

Il breve libro per bambini che Tolkien aveva pubblicato nel settembre 1937 e che sarebbe stato la base per il mastodontico Signore degli Anelli, è stato adattato in tre film fluviali, l’ultimo dei quali uscirà nelle sale nel corso dell’estate 2014.

Mettiamo subito le carte in tavola: non siamo devoti tolkeniani, riteniamo i film di Jackson tra le cose più sopravvalutate dello scorso decennio cinematografico e non eravamo entusiasti di rituffarci di nuovo tra hobbit, elfi e nani.

Detto questo, il primo episodio de Lo hobbit funziona a più livelli ed appagherà certamente i fans della saga.

Jackson, pur raccontando una storia apparentemente più semplice e lineare, la affronta con lo stesso spirito avventuroso e la guasconeria sfrontata e malinconica, che ne hanno fatto il degno erede di George Lucas.

Non c’è soluzione di continuità tra la vecchia trilogia e questa nuova. Se non per gli artifici tecnologici messi in campo: Lo hobbit è stato girato in 3D e con speciali macchine da presa digitali, capaci di catturare 48 fotogrammi al secondo, il doppio di quelli tradizionalmente impressi su una pellicola negli ultimi 100 anni di cinema.

Il risultato lascia un po’ perplessi nelle scene iniziali, per una leggera accelerazione nei movimenti e per un aspetto poco cinematografico e più vicino a certa televisione in HD.

Ma il livello migliora nel corso del film, soprattutto quando le ricostruzioni di fondali e personaggi a computer lasciano il campo agli attori in carne ed ossa ed alle scenografie naturali della Nuova Zelanda.

Il problema forse è la WETA, la casa di produzione degli effetti speciali creata da Jackson, che non ha saputo adeguarsi in tempo alla nuova tecnologia impiegata, contribuendo ad una sgradevole sensazione di artificiosità nei primi minuti del film.

Chi ci guadagna di più, con una proiezione a 48 fps, è certamente la visione stereoscopica. Il 3D è finalmente perfetto, fluido, senza sbavature e magnificamente integrato nella storia. Le tre ore di film, senza interruzioni, scorrono senza quella sensazione di fastidio, che talvolta gli occhialini inducono.

THE HOBBIT: AN UNEXPECTED JOURNEY

Un viaggio inaspettato assomiglia molto a La compagnia dell’anello, per come racconta l’inizio del viaggio, la formazione di un nuovo gruppo, i contrasti tra personaggi, che non si conoscono ancora, e le prime insidie di una lunga avventura.

Nel prologo assistiamo alla caduta del regno dei nani di Erebor, che vivevano in una fortezza scavata sotto la montagna solitaria, estraendo oro e preziosi dalle profondità della terra.

Un drago assetato di ricchezza, Smaug, li aveva attaccati, trovando rifugio tra le enormi ricchezze di Erebor e costringendo i nani alla fuga.

Nel corso del lungo esilio, vagando senza sosta nella Terra di mezzo e nelle terre selvagge, i nani si erano scontrati con gli orchi, guidati da un capo ferocissimo e albino, a cavallo di lupi mannari, assetati di sangue.

L’esilio però è destinato a terminare, perchè 13 valorosi, guidati dal principe Thorin Scudodiquercia ed aiutati da Gandalf  il Grigio, sono decisi a riconquistare il regno perduto.

Per farlo hanno bisogno di un quindicesimo uomo, uno “scassinatore” che passi inosservato ed apra al gruppo le porte segrete di Erebor. Secondo Gandalf la persona più adatta è Bilbo Baggins, un hobbit tranquillo e simpatico, che abita a nella Contea.

La compagnia dell’anello è di là da venire, Lo hobbit si svolge 60 anni prima, Bilbo è ancora giovane e la vita tranquilla non ha piegato la sua curiosità e la sua intraprendenza.

Pur riluttante, si unisce alla compagnia dei nani per un viaggio davvero inaspettato, che lo condurrà a scontrarsi con gli orchi, quindi a scoprire il regno degli Elfi a Rivendell e poi le profondità dove vivono i goblin e dove incontrerà per la prima volta il Gollum.

Jackson riempie il film, soprattutto nella prima parte, di continue digressioni, di personaggi che sembrano anticipazioni di quello che forse vedremo in futuro: il Negromante a Dol Guldur, una forza capace di governare i morti, quindi il mago Radagast, che vive nel Boscoverde, infine il Bianconsiglio, dove si rivedono Saruman il Bianco, e gli elfi Galadriel ed Elrond.

Qui Gandalf sente che una forza maligna sta per abbattersi sulla Terra di mezzo, rompendo la pace, a lungo mantenuta dalla saggezza degli elfi.

Jackson alterna sapientemente battaglie campali, fughe precipitose e momenti di riflessione e approfondimento dei personaggi e delle loro motivazioni.

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E si prende tutto il tempo per farlo, nelle quasi tre ore di questo viaggio inaspettato.

Soprattutto nella prima parte, dopo il prologo e l’introduzione di Bilbo e dei nani, il film sembra soffrire di questa continua interruzione del flusso narrativo principale, di quelle che sembrano glosse, note a margine, più veri e propri flashback.

Come sempre, Jackson avrebbe bisogno di un montatore più coraggioso e di un produttore capace di arginare il suo gigantismo.

Nell’ultima parte il film sale di tono e trova finalmente il suo ritmo: è grande spettacolo, soprattutto per il fanciullo che c’è in voi.

In attesa dei prossimi capitoli, dovrete accontentarvi di un finale aperto, pieno di speranza e di minaccia.

Nel cast, in cui ritornano molti dei personaggi del Signore degli Anelli, particolarmente indovinata è stata la scelta dello sconosciuto Martin Freeman nel ruolo di Bilbo: la sua interpretazione restituisce perfettamente l’arguzia del personaggio, il coraggio, la sua intelligenza tranquilla e la sua meraviglia.

Ian McKellen è un Gandalf meno potente, ma ugualmente determinato. I nani invece sono camuffati dal pesantissimo trucco e fungono da controcanto – una volta comico, una volta drammatico –  alle vicende raccontate.

Persino il loro condottiero Thorin è una figura piuttosto scialba.

La fotografia dalle dominanti calde di Andrew Lesnie è più indovinata quando può inquadrare la meravigliosa natura neozelandese,  meno quando è costretta a farsi pura illuminazione di personaggi e fondali, creati a computer.

Le musiche di Howard Shore richiamano spesso il tema delle trilogia originaria ed accompagnano con la giusta drammaticità il viaggio di questa nuova compagnia.

Un inizio promettente: speriamo solo che, diversamente dal Signore degli Anelli, non sia la parte migliore dello spettacolo.

Character Poster

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