Cannes 2023. May December

May December ***

Regista audace e sperimentale agli esordi con Poison tratto dagli scritti di Jean Genet e Safe, capace di riscrivere senza misure le biografie musicali con Velvet Goldmine e Io non sono qui, maestro del melodramma alla Sirk nei celebratissimi Lontano dal Paradiso e Carol, l’ultimo Haynes sembra volersi confrontare con la realtà e con la cronaca.

Dopo aver diretto il dramma processuale ecologista Cattive Acque, ispirato al caso Dupont e al ruolo dell’avvocato Robert Bilot nella denuncia dell’inquinamento da teflon, con May December, ospitato nel concorso di Cannes 76, il regista di Encino sembra voler ragionare criticamente sul cinema tratto dalle storie vere, mostrando come la luce dei riflettori possa cambiare drammaticamente la vita delle persone e al contempo come l’arte sia spesso meno interessata alla ricerca della verità quanto a soddisfare il proprio appetito voyeristico. 

Il film racconta l’incontro tra la celebre attrice Elizabeth Berry e la famiglia di Gracie Artherton-Yoo, che vive a Savannah in Georgia.

Elizabeth interpreterà Gracie in un film le cui riprese sono imminenti e che racconterà la sua storia: una vent’anni prima, quando aveva 36 anni, la donna era finita sui tabloid e al centro dell’attenzione mediatica e giudiziaria per la sua relazione con il tredicenne Joe, che lavorava part-time con lei in un negozio di animali.

I due sono ancora assieme, si sono sposati e i loro figli stanno per andare al college. La loro famiglia sembra perfettamente ordinaria: accolgono Elizabeth con un barbecue e i vicini sembrano supportare le attività di Gracie che vende torte e dolci per corrispondenza.

Elizabeth parla con lei e con Joe, ma anche con Tom, il marito che Gracie ha abbandonato dopo un lungo matrimonio, con Georgie il figlio più grande che aveva la stessa di Joe quando lo scandalo era scoppiato, poi con l’avvocato che l’ha difesa in tribunale.

Pian piano il muro di normalità eretto da Joe e Gracie sembra crollare sotto gli occhi di Elizabeth: la donna ha tratti manipolatori e infantili, il giovane padre ha perduto di colpo tutta la sua adolescenza, dovendo affrontare con la maturità che non aveva una situazione esplosiva e poi le responsabilità di una famiglia precocissima. I figli più grandi di Gracie sembrano aver subito quella situazione senza essere riusciti davvero a superarla.

In tutto questo l’attrice cerca di rubare l’anima dei protagonisti di questa storia a beneficio del suo personaggio: usa i trucchi di Gracie, prepara torte con lei, si insinua nella sua vita senza comprendere la carica predatoria della sua invasione, arriva persino a sedurre Joe, sostituendosi di fatto alla donna che dovrà interpretare.

Haynes, assistito questa volta da Christopher Blauvelt alle luci e da Affonso Gonçalves al montaggio, mette in scena la sceneggiatura di due esordienti Samy Burch e Alex Mechanik, facendone un meccanismo drammatico autoriflessivo di grande fascino.

Soprattutto nei duetti tra le due donne il film sale vertiginosamente di tono, seminando inquietudine e lasciando che i motivi delle due protagoniste rimangono sfuggenti. Entrambe cercano di manipolare la situazione a proprio vantaggio.

May December è anche un film sul cinema e sull’arte in generale come strumento esplosivo dei conflitti sepolti dietro le convenzioni, come meccanismo psicanalitico raffinato e strumento per spalancare abissi nella quotidianità e far riemergere traumi solo apparentemente rimossi.

La tensione costante che anima il suo film è quella di chi assiste con un certo malcelato piacere alla destrutturazione della vita fintamente normale costruita da Joe e Gracie, in modo da far emergere le contraddizioni, gli errori, il peso delle loro scelte, il senso di colpa e di vergogna, le occasioni perdute. Perdersi nel dolore degli altri forse serve a dimenticarsi per un attimo del nostro.

Ma tutto questo non è senza rischi per Elizabeth e per chi si trovi nella sua posizione: l’indagine finisce per corrompere e contagiare, il “metodo” d’immedesimazione che l’attrice sembra seguire non è senza conseguenze.

Probabilmente troppo raffinato e sottile per il dibattito pubblico americano ormai tagliato con l’accetta del pregiudizio, May December non sembra voler giudicare i suoi personaggi, neppure Gracie, lasciando i ruoli di vittima e carnefice sullo sfondo e preferendo concentrarsi sugli effetti a lungo termine e sul potenziale esplosivo del cinema e dell’arte che si nutre della realtà.

In un cast formidabile, la Portman e la Moore giocano un duello tutto in understatement, in cui la ferocia e i sentimenti più inconfessabili rimangono quasi sempre nascosti. Sorprendente anche Charles Melton nel ruolo difficilissimo di Joe, tra presenza fisica, maturità incerta e silenzi che lasciano intravvedere l’abisso di chi si sente sempre inadeguato. Non è un caso che nel film dentro il film, non si riesca a trovare l’attore adatto ad interpretarlo.

Formidabili le scelte musicali, affidate anche alla ripetizione ironica del tema di Messaggero d’amore scritto da Michel Legrand.

 

 

 

 

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