La nuova stagione di Cobra Kai è una delle principali risposte di Netflix alle grandi entrée autunnali di HBO e Amazon Video. Un genere completamente diverso dal fantasy di House of the Dragon e di The Lord of the Rings: The Rings of Power, ma comunque una delle serie di maggior successo della piattaforma americana, capace di coinvolgere genitori e figli in un racconto corale ricco di emozioni, adrenalina e nostalgia per gli anni ‘80. Ingredienti sapientemente mescolati nelle precedenti stagioni che, dopo l’interessante ribaltamento della prospettiva del franchise cinematografico avvenuta nelle prime due, distribuite da You Tube Premium, ha poi trovato, con l’acquisizione dei diritti da parte di Netflix, una personalità definita e riconoscibile con una chiara vocazione commerciale. Vocazione a cui risponde, per il piacere dei fan, la scelta di proporre questa stagione a soli nove mesi di distanza dall’uscita della precedente, nel Dicembre del 2021.
Avevamo lasciato John Kreese (Martin Kove), storico sensei del Cobra Kai, nei guai perché accusato di aver picchiato un praticante. Una mossa subdola dell’ex sodale e amico Terry Silver (Thomas Ian Griffith) per relegare Kreese in prigione. Dopo il successo nel torneo All Valley che aveva dato al Cobra la supremazia sugli altri Dojo, il Miyagi-Do e l’Eagle Fang, sconfitti e costretti a chiudere, Silver vuole ora diffondere il suo Dojo su scala globale. Un obiettivo che, almeno nella prima parte della nuova stagione, nessuno sembra interessato a mettere in discussione. Johnny infatti si trova in Messico, impegnato a ritrovare Miguel (Xolo Madriduena) e al contempo a ricucire il rapporto con il figlio Robby (Tanner Buchanan). Daniel La Russo ha invece chiamato dal Giappone l’antico avversario e ora amico, Chozen (Yuji Okumoto), per avere una protezione verso possibili attacchi di Silver e del Cobra Kai alla sua famiglia. Esperto combattente, per come si comporta Chozen sembra in effetti più un sicario che un sensei, come dimostra l’abitudine di girare con due spade corte nella fodera della giacca! Quando la vittoria del Cobra Kai appare ineluttabile, una sorprendente Amanda (Courtney Henggeler), la moglie di Daniel, riesce a far rinascere nel marito la voglia di lottare …
La stagione parte piano, seguendo come detto i protagonisti nei rispettivi percorsi divergenti, ma il loro progressivo riavvicinarsi coincide con un climax ascendente che inizia nell’ottavo episodio e regala un finale ricchissimo di colpi di scena e di emozioni, in cui i protagonisti rischiano seriamente la vita. Le scene di combattimento nel finale di stagione sono tra le più riuscite e presentano una coralità e una complessità ammirata poche volte in passato. L’ottavo episodio è poi una grande cavalcata nella memoria di Kreese e le scene in cui interagisce con i fantasmi della sua memoria sono tra le più eleganti e sorprendenti della stagione. Punte di eccellenza che si elevano su altri episodi meno riusciti, con salti temporali zoppicanti e la riproposizione di situazioni già viste. Il climax finale è del resto una tecnica già utilizzata da Hurwitz, Schlossberg e Heald, così come il mix tra personaggi nuovi e vecchi, cioè ripresi dai film del franchise. In questa stagione abbiamo da un lato l’ingresso in scena della sensei sudcoreana Kim Da-Eun (Alicia Hannah-Kim) e dall’altro la ripresa del personaggio di Mike Barnes (Sean Kanan) uno dei cattivi di Karate Kid 3 che scalda il cuore dei fan insieme alla vecchia fiamma di Daniel, nonché amica di Amanda, Jessica Andrews (Robyn Lively). Un discorso a parte merita poi Chozen, un vero catalizzatore di simpatia e consensi da parte del pubblico, che completa la sua svolta: da cattivo di Karate Kid 2 a miglior amico di Daniel e angelo custode della sua famiglia. La sua integrità, la sua determinazione e la sua abilità nelle arti marziali lo rendono un personaggio centrale in questa stagione dello show.
Al di là dei film di Karate Kid, Cobra Kai è ricca di citazioni degli anni’80, a cominciare dalla musica (Eye of the Tiger cantata a squarciagola da Danny, Johnny e Chozen sulla Limousine è memorabile) per arrivare ai riferimenti cinematografici, il più delle volte conditi da ironia e leggerezza. La capacità di non prendersi mai troppo sul serio è uno dei tratti distintivi della scrittura: se vi aspettate toni epici, realismo e coerenza rimarrete delusi. Come detto nelle precedenti recensioni il Karate è soprattutto un pretesto che potrebbe essere sostituito da altri sport o arti marziali senza grande difficoltà.
Permane anche l’intreccio tra vita sentimentale e vita sociale dei protagonisti, con una tendenza all’happy end che qualcuno troverà stucchevole e poso verosimile, ma che è pienamente coerente con il tono complessivo del racconto. E’ innegabile che questa stagione riprenda temi già visti e metabolizzati: il rapporto genitori-figli, la necessità di lottare per trovare se stessi, l’amicizia come valore fondamentale. Solo apparentemente al centro del racconto ci sono le nuove generazioni perché in realtà lo sguardo è quello dei genitori: i ragazzi sono raccontati esattamente per come li vede un uomo maturo. Tutto il contrario di quello che succede in Euphoria, dove invece lo sguardo è interno al gruppo degli adolescenti. Lì l’uomo maturo è un interlocutore e non il depositario del potere di lettura, l’intento è raccontare una realtà dura ed estrema, mentre qui le difficoltà sono molto meno intense, i drammi più leggeri, gli errori rimediabili. Non è la dipendenza il problema, ma piuttosto il comportamento. Non è la fragilità la chiave di lettura privilegiata, ma la resistenza. La stessa estetica è molto più televisiva e meno cinematografica. Ma va bene così perché Kobra Kai è la risposta all’idea che le serie Tv debbano essere tutte uguali, rispondere tutte a precisi dettami estetici e narrativi mutuati dal cinema e presentare contenuti ineccepibili dal punto di vista storico e sociologico.
Con il passare del tempo è importante che un racconto seriale rimanga fedele a se stesso e Cobra Kai lo resta, tra alti e bassi, anche in questa nuova stagione.
Titolo originale: Cobra Kai
Durata media degli episodi: 40 minuti
Numero degli episodi: 10
Distribuzione streaming: Netflix
Genere: Drama, action.
Consigliato: a chi cerca una serie piacevole e gradevole, ricca di ironia e di azione, con un pizzico di nostalgia per gli anni ’80.
Sconsigliato: ai cultori del karate e delle arti marziali che cercano qualcosa di realistico e profondo così come a coloro che cercano narrazioni coerenti e senza sbavature: i primi episodi della stagione ne presentano parecchie, ma nel complesso il finale in crescendo e la simpatia dei protagonisti rendono la visione consigliata.
Visioni parallele: un’altra serie ricca di citazioni e rimandi agli anni ’80 è naturalmente Strange Things sempre visibile su Netflix, insieme a tutti i film del franchise di Karate Kid.
Un’immagine: vogliamo ricordare la scena della limousine in cui, dopo una corsa nella notte al ritmo di Eye of the tiger, Daniel cerca di essere la voce della coscienza per i suoi sodali, ma senza fortuna: finisce infatti per essere lasciato a piedi in una zona sperduta e con poco campo, per venire poi raccolto per strada dall’intervento dell’improbabile Pastinaca.