Poliziesco senza uscita, ma piuttosto ordinario, il nuovo film di Domink Moll è a Cannes nella sezione Premiére, una sorta di fuori concorso rinforzato, ideato nell’anno del Covid per dare spazio a più film possibili senza appesantire il concorso e mantenuto anche quest’anno per film fuori formato e difficilmente inseribili nel grande cartellone del festival.
La nuit del 12 racconta l’omicidio irrisolto di una giovane ragazza, Clara, in un piccolo paese vicino Grenoble, la sera del 12 ottobre 2016.
Bruciata vita dal suo assassino, diventa l’ossessione di Yohan, il capo della polizia giudiziaria chiamato a istruire le indagini.
Davanti a lui, al collega anziano Marceau, appena lasciato dalla moglie e ai loro colleghi, passano una serie plausibile di uomini, tutti possibili indiziati, spesso amanti della vittima, tutti con un alibi o con elementi troppo fragili per imbastire una vera pista.
Si alternano così l’ex fidanzato, l’istruttore della palestra, un tipo muscoloso e manesco conosciuto su internet, un altro disturbato che abita in un capanno e infine un malato di mente che tre anni dopo il delitto si presenta di notte, sulla tomba di Clara.
Le indagini stentano a decollare, il tempo passa e neppure l’intraprendenza di una nuova pubblico ministero riesce a smuovere le acque di quello che resterà un caso irrisolto, uno dei tanti, circa il 20% ogni anno, come dichiara la didascalia iniziale.
Il film di Moll, tedesco naturalizzato francese, non esce mai dai binari del noto. Psicologie prevedibili, personaggi ordinari, pubblico e privato che si influenzano a vicenda, vecchi poliziotti che usano le maniere forti, genitori in lutto e amiche che nascondono i segreti della vittima.
Twin Peaks aveva già detto tutto 30 anni fa e con ben altri modi.
Qui Moll sembra raccontare una realtà che sembra uscita da un’inchiesta degli anni ’70. Non c’è traccia di scientifica, di esami del DNA o di ricerche attraverso i device che ciascuno porta con sè.
Tutto quello che fanno i poliziotti sono interrogatori seduti in centrale, come in un poliziesco di 50 anni fa.
Difficile ricostruire la verità con mezzi che forse sarebbero piaciuti al Tenente Colombo, ma che poco hanno a che vedere con le odierne inchieste di polizia.
O davvero la polizia di provincia francese è così arretrata come il film vorrebbe farci intravvedere con quelle battute sulla fotocopiatrice rotta e i computer in panne? Se così fosse il film però avrebbe dovuto prendere tutt’altra strada, mentre qui prevale l’approccio umano, l’ossessione per i volti e corpi, il delitto e il mancato castigo.
Cast ordinario, valori produttivi altrettanto mediocri, per un film che sembra più adatto per Netflix, che per il Festival di Cannes.