Cannes 2022. Boy From Heaven

Boy From Heaven ***

“Che cosa hai imparato?”

Si chiude con queste parole a cui Adam non riesce a rispondere, il nuovo quinto film dello svedese Tarik Saleh di origini egiziane (Metropia, Omicidio al Cairo).

Figlio di un umile pescatore, Adam ottiene una borsa di studio per la prestigiosa università di al-Azhar, istituzione sunnita per eccellenza del Cairo, dove studiare il Corano. Durante il primo giorno di lezione, il grande Imam muore improvvisamente davanti agli studenti.

La successione ingolosisce l’ambizione degli altri imam e attira le attenzioni interessate della politica.

Il colonnello Ibrahim recluta così l’intelligente Adam come informatore all’interno dell’università, per fare in modo che diventi l’angelo custode del candidato preferito del generale suo superiore, Sheik Omar Al Beblani.

Tuttavia il candidato più accreditato un altro, lo Sheik Durani, che nasconde tuttavia un segreto che presto verrà svelato.

La guerra che contrappone i protagonisti di questa storia scorre sottotraccia, ma non è meno distruttiva.

E anche quando la macchinazione riesce, Adam si ritroverà nella scomoda posizione del testimone inutile, che deve sparire: “non scegliamo il nostro destino” gli dice laconicamente il colonnello, “tu hai scelto me” gli risponde Adam. Ma le sue risorse diplomatiche e la conoscenza del Corano e della realtà del suo Paese, gli garantiranno un’ultima possibilità…

Il film di Saleh è un thriller sorprendente e riuscito, ambientato nella grande moschea di al-Azhar, lontana dalle sensibilità occidentali, ma che funziona esattamente come ogni microcosmo chiuso, con le sue regole, le sue gerarchie, i suoi segreti inconfessabili.

Il rapporto tra Adam e il colonnello Ibrahim, interpretato da Fares Fares, l’attore feticcio di Saleh, qui invecchiato e appesantito, in un ruolo alla Smiley, è l’elemento centrale di un film il regista ha immaginato partendo da due suoi grandi amori letterari, i romanzi di Le Carré e Il nome della Rosa di Umberto Eco.

Il debito è evidente, ma la struttura narrativa immaginata da Saleh funziona egregiamente e riesce a travalicare il genere, grazie alla sensibilità di Tawfeek Barhom, capace di rappresentare perfettamente lo spaesamento dell’uomo comune trascinato in un gioco più grande di lui. Un gioco però che il suo Adam impara in fretta, senza mai lasciarsene travolgere, fedele all’idea che stato e religione debbano vivere in armonia e non nel conflitto.

Come dice il Generale alla fine, “il potere è un’arma a doppio taglio, ti può ferire la mano“: questo ad Adam non accade perchè ha dovuto comprendere in fretta le regole d’ingaggio.

Il film di Tarik Saleh conferma le buone impressioni del suo Omicidio al Cairo e rappresenta un passo ulteriore, mescolando ancora una volta con una certa efficacia racconto di genere e contesto politico.

Il film non usa grandi sottigliezze e la dimensione politica è priva di sfumature e un certo moralismo di fondo non aiuta. Anche questa volta l’immagine del potere è desolante, opportunista, criminale. E anche questa volta lo sguardo vergine del protagonista ci aiuta a misurare gli interessi in gioco e gli ingranaggi della politica.

Il finale ha note appena meno amare di quanto potremmo immaginare: l’intelligenza di Adam forse gli ha salvato la vita, ma non gli ha evitato una malinconica ritirata.

“Che cosa hai imparato?”

 

E tu, cosa ne pensi?

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.