L’événement – La scelta di Anne ***
Il secondo film da regista della sceneggiatrice Audrey Diwan, è l’adattamento del romanzo autobiografico L’événement di Annie Ernaux, scritto nel 2000 e ambientato ad Angoulême, nella provincia francese nel 1963, quando l’aborto era vietato dalla legge e la pillola anticoncezionale non era stata ancora approvata.
La protagonista è Anne, una ventitreenne, brillante studentessa di lettere, ad un passo dalla laurea. E’ sufficiente una notte d’amore con lo studente di scienze politiche, Maxime, che vive a Bordeaux, e si ritrova incinta.
Si rivolge ad un ginecologo perchè è decisa ad interrompere la gravidanza, il prima possibile.
La sua famiglia è di umili origini, i suoi genitori gestiscono un bar e la sua unica speranza nella vita è di laurearsi, perchè vuole insegnare e scrivere. Sono queste le passioni della sua vita.
Una gravidanza non voluta, un figlio imposto dal destino e non dalla volontà la costringerebbero invece a rimettere tutti i suoi sogni in un cassetto.
Solo che i medici non possono fare nulla, anzi, quelli decisamente anti-abortisti la traggono in inganno e le prescrivono un medicinale, che invece di provocare l’interruzione della gravidanza, rafforza il feto.
Il padre Maxime è un codardo che non vuole prendersi alcuna responsabilità e anche le amiche non vogliono saperne nulla, perchè tutti rischiano di pagare in prima persona.
L’unico che cerca segretamente di aiutare Anne è Jean, un compagno di corso, che riesce a trovarle l’indirizzo di una donna, che pratica aborti, clandestinamente.
Audrey Diwan, compagna e collaboratrice di Cedric Jimenez, ha scritto con lui tutti i suoi film compresi French Connection e l’ultimo Bac Nord, clamoroso successo estivo nelle sale transalpine.
Rispetto ai polar d’azione tutti al maschile, muscolari e adrenalinici, a cui ha partecipato, L’événement si pone su un piano radicalmente diverso.
Alla scrittura ha collaborato anche Marcia Romano, sceneggiatrice per Ozon e Gianolli, ricostruendo, attorno alle 12 settimane di gravidanza che vivrà la protagonista, un film di continua tensione, attraverso una progressione drammatica inesorabile e una dimensione che flirta spesso con l’orrore e la dimensione del sangue.
La messa in scena è essenziale, lineare, tutta costruita sul volto della protagonista, Anamaria Vartolomei, e sul suo pedinamento tra le aule di lezioni, il dormitorio femminile, gli ambulatori medici, un bar dove balla con le amiche, il locale di provincia gestito dai genitori.
Quando il film comincia, la protagonista è già incinta, ma di Maxime e del loro breve incontro non sapremo quasi nulla.
Quello che è successo è già nel passato di Anne e non ha alcun vero significato. Per questo la sua decisione di interrompere la gravidanza è così chiara, ferma, determinata.
Non c’è nessun travaglio, nessun dubbio, nessun cedimento. Forse è già avvenuto, forse si manifesterà solo dopo.
Non lo sappiamo e non lo sapremo. Perchè non è questa la storia di Anne.
E’ invece quella di una ragazza nella Francia bigotta degli anni ’60 in cui la castità era l’unica possibilità, la fortuna la sola alleata.
Il turbamento emotivo qui non c’è. Il dubbio, il senso di colpa, l’incertezza, il dilemma della scelta sono assenti.
Ed è questo probabilmente l’elemento nuovo in un racconto che per il resto segue percorsi narrativi ed estetici non particolarmente originali.
E’ invece nell’ostilità verso una maternità vissuta come una condanna, verso un feto che è un corpo estraneo, altro da sè che L’événement costruisce al sua eccezionalità.
Forse quella ostilità è anche la conseguenza di tutto quello che la protagonista è costretta a sopportare, per la sua scelta.
Anne è così costretta a fare da sè, studiando i manuali di medicina in biblioteca, aiutandosi inutilmente con i ferri per la maglia, cercando nei medici un aiuto, che non arriverà mai.
Sarà allora un’altra donna, nel silenzio della clandestinità, a liberarla da “una malattia che colpisce solo le donne e le trasforma in casalinghe“.
L’événement racconta così un altro tipo di travaglio. Non quello psicologico. Ma quello di chi una decisione l’avrebbe anche maturata, ma non può esercitarla. Se non nella vergogna, persino nell’orrore. Mettendo a rischio sè stessa e gli altri.
Il film è secco, essenziale, originale nella misura in cui dipinge il ritratto di una protagonista priva di tentennamenti, decisa a riprendere in mano il proprio destino e la propria storia a qualunque costo.
Una protagonista che aspetta il sangue per tutta la storia, fino a che viene accontentata in una scena che non si dimentica.
Gli occhi penetranti di Anamaria Vartolomei cercando di scrutare dietro il conformismo e la paura, per riprendersi il controllo di quello che con tanta fatica e sacrificio aveva costruito.
Comune invece a molti altri film sull’aborto è la codardia degli uomini, l’ottusità delle istituzioni, l’ipocrisia della legge, a qualsiasi latitudine. Ma la Diwan non vuole indagare la dimensione politica, quando raccontare quella intima, personale, biografica.
A ciglio asciutto e senza nascondere nulla, con sguardo onesto e duro, la Diwan restituisce alla storia della Ernaux la sua dimensione necessaria e testimoniale.
Leone d’oro di Venezia 78, in sala da ottobre per Europictures.