E’ giorno di festa in Ladbroke Road, West London e fervono i preparativi: in cucina sobbollono piatti speziati, mentre in salotto si spostano divani, mobili e tappeti, per far entrare giradischi e casse stereo.
Siamo al debutto degli anni ’80 e all’interno delle comunità caraibiche e giamaicane, il soul e soprattutto il reggae sono diventate la musica di tutti, lovers e rockers, quelli che amano le ballate romantiche e quelli che preferiscono il fuoco dei messaggi politici.
E’ il compleanno di Cynthia, che ha pronto un vestito rosso per la serata. Mentre Patty e Martha arrivano in autobus da un altro quartiere per partecipare alla festa.
La musica comincia già lungo la strada, poi all’interno il deejay usa una sirena per annunciare il cambio del 45 giri, su un unico piatto: ma non è importante, lovers e rockers sono lì per divertirsi, per conoscersi. Martha ha occhi solo per Franklyn, mentre Patty delusa dal rude Reggie, se ne va via presto.
Il sarto Bammy invece diventa invece l’oggetto del desiderio di Cynthia, ma l’eleganza degli abiti nasconde modi assai più brutali.
Ma tutto si scioglie sulle note di Silly Games cantate romanticamente all’unisono e poi si riaccende su quelle di Kunta Kinte, mentre la notte è ormai passata con le sue illusioni, le sue delusioni, le sue speranze.
Il secondo film della serie antologica di Steve McQueen per BBC e Amazon, ispirata alle esperienze e alla cultura della comunità black, nell’Inghilterra del secondo Novecento, è un piccolo ritratto impressionistico di meraviglioso equilibrio, scritto con Courttia Newland, leggero e inebriante come una corsa in bicicletta.
McQueen non ha paura di assecondare il fluire lento e ipnotico della musica, la sua macchina da presa si insinua nella piccola stanza cogliendo quasi solo i particolari: mani che si intrecciano, gomiti, braccia che si muovo, fianchi, schiene, tessuti luccicanti, corpi che si sfiorano e poi si prendono.
Curiosamente non ci sono quasi sguardi, McQueen riscrive il gioco del desiderio in una lingua nuova in cui tutto è racchiuso nei piccoli gesti, nei movimenti, nel calore di una sala inondata di luci soffuse e fumo.
E persino quando il dramma fa capolino a turbare l’atmosfera sospesa e sognante della notte, è destinato a passare, le sue conseguenze rimangono, ma le lacrime e i sensi di colpa sono rimandati al mattino successivo.
Amarah-Jae St Aubyn è la debuttante Martha, mentre Micheal Ward interpreta il meccanico Franklyn, re per una notte, in questo irresistibile house party.
McQueen questa volta sceglie di fare un cinema politico in senso radicalmente opposto rispetto a Mangrove: non mancano asprezze e minacce bianche, ma sono sullo sfondo, quello che conta è raccontare una cultura, anche attraverso la sua musica, le sue parole e le sue note, in un lungo sogno febbrile, da cui non ci si vorrebbe mai svegliare.
La sua regia è capace di cogliere perfettamente il mood, l’atmosfera, il senso dell’attesa, il rapimento dei sensi: solo Kechiche con il suo Mektoub, My Love era riuscito a cogliere lo stesso irrefrenabile flusso musicale.
Lovers Rock non è un film meno esplicito del precedente, ma sceglie una strada diversa: rispetto ad una logica oppositiva e di conflitto, qui prevale una dimensione affermativa, mediata dal ricordo, dall’emozione.
Il senso di McQueen per la composizione del quadro è prodigioso e indirizza la fotografia di Shabier Kirchner verso quella densità pastosa di colori e luci, così tipica di quegli anni.
Basterebbe quell’inquadratura in bicicletta, verso la fine, con i due protagonisti che si avviano all’alba verso un ritorno a casa colmo di possibilità, desideri, opportunità: dal piccolo microcosmo notturno a quello più vasto di una domenica mattina, in cui tutto sembra improvvisamente più dolce.
E’ la vita che entra prepotentemente a reclamare verità e bellezza, dopo una lunga notte passata altrove.
Magnifico.
Le recensioni degli altri capitoli dell’antologia di Steve McQueen sono consultabili qui:
Small Axe – Mangrove
Small Axe – Red, White And Blue
Small Axe – Alex Wheatle
Small Axe – Education