Gloria Mundi **
Dopo la felice deviazione de La casa sul mare, Guediguian torna a Marsiglia, la ville bleu, con la sua compagnia d’attori tradizionale, per mettere in scena un piccolo dramma familiare, sullo sfondo di una città impoverita moralmente e materialmente.
Tutto ruota attorno al nucleo familiare che Sylvie ha costruito con Richard, dopo che il marito Daniel, un poco di buono, l’aveva lasciata sola con la piccola Mathilda, rinchiuso in carcere per vent’anni.
Mathilda ormai è grande, ha una sorella e ha appena avuto una figlia, Gloria. Richard convince Sylvie a scrivere all’ex marito in prigione per comunicargli la notizia.
Quando Daniel esce dal carcere di Rennes, torna a Marsiglia per conoscere la nipotina: si troverà di fronte una famiglia piena d’affanni e gelosie e una città sempre uguale a se stessa, sempre meno attraente.
Guediguian racconta la famiglia allargata di Sylvie e quella delle sue figlie: piccola borghesia messa in difficoltà dall’impoverimento progressivo e da un lavoro dipendente ridotto a simulacro di quello che aveva consentito a lei e a Richard una realtiva tranquillità.
Ma se le notazioni sociali sono realistiche, ma un po’ troppo insistite, come a voler evidenziare la Forza del Destino che si esercita sulle vite dei protagonisti, alcune piccole deviazioni sentimentali, quasi sempre affidate all’ex carcerato Daniel, colgono nel segno con una tenerezza assolutamente indovinata.
Purtroppo il racconto è sempre forzato, sottolineato, esemplare. E si chiude con un incidente così implausibile che infastidisce quasi di più dell’orrendo rallenty con cui è girato.
Guediguian vuole metterci in guardia sulla dissoluzione della solidarietà, anche quella familiare, in favore di quell’egoismo interessato, che finisce per distruggere ogni legame. Vuole raccontarci come la precarietà si insinui all’improvviso nella vita di chi non la pensava possibile.
E le intenzioni sono certamente nobili, ma il suo film è fragile, irrisolto, il suo minimalismo malinconico troppo raramente accende il calore dei suoi personaggi.
La leggerezza lascia il passo ad una cupezza senza speranza e al caso, senza che la volontà riesca mai a giocare un ruolo vero.
Peccato.