Il nuovo film di Luca Guadagnino, dopo l’Oscar e il grande successo internazionale di Chiamami col tuo nome, è un nuova versione di Suspiria, il film che Dario Argento e Daria Nicolodi scrissero assieme nel 1977, facendone un horror espressionista, debitore dei lavori di Mario Bava, nel quale gli elementi narrativi erano pochissimi: una rinomata scuola di ballo tedesca, una nuova alunna, Susan, arrivata dagli Stati Uniti, una ragazza uccisa misteriosamente e un clima sempre più malsano, che avvolge le lunghe notti di Friburgo.
Ispirato vagamente al romanzo ottocentesco Suspiria de profundis di Thomas De Quincey, immerso negli straordinari cromatismi della fotografia di Luciano Tovoli e nella grande scenografia art noveau di Giuseppe Bassan, il film originale si giovava anche della colonna sonora elettronica firmata dai Goblin, per creare un’atmosfera di costante terrore, pur nella linearità essenziale della sua storia.
Guadagnino e il suo sceneggiatore David Kajganich hanno scelto la strada più difficile per tributare un omaggio al classico di Argento, decostruendolo completamente e ricostruendone una versione del tutto nuova, originale, che mantiene quasi solo gli elementi primari dell’originale, espandendo il racconto in tutte le direzioni e le linee temporali.
Siamo a Berlino nel 1977, la televisione rimanda le gesta della banda Baader Meinhof, che infiammano il paese: la giovane Patricia, allieva della Markos Tanz Company fugge dalla scuola e si rifugia dal suo psicologo, il Prof. Josef Klemperer a cui racconta che la Markos è in realtà un covo di streghe dedide alla magia nera, che plagiano le loro alunne, per i loro rituali malefici.
Guadagnino elimina dalla storia qualsiasi elemento di detection, chiarendo subito il mistero intorno alle pratiche che si occultano dietro il paravento della compagnia di ballo.
Klemperer asseconda i deliri della ragazza che poi scompare. Nel frattempo alla Markos arriva Susie Bannion, un’americana dell’Ohio, che dopo un provino memorabile viene subito accolta dalla direttrice, Madame Blanc.
Il gruppo sta lavorando alla nuova versione di un balletto del 1948, chiamato Volk. Quando la prima ballerina abbandona la scuola, lanciando pesanti accuse a Madame Blanc, Susie diventa subito la nuova protagonista.
Klemperer si mette sulle tracce di Patricia, mentre il ricordo di un amore troncato dalla guerra torna a tormentarlo e il gruppo delle istruttrici della Markos sembra deciso ad assecondare i desideri dell’anziana fondatrice, che ha individuato in Susie la sua erede. Non solo come prima ballerina…
Come Argento aveva tratto elementi per il suo film dal romanzo di De Quincey, ibridandolo con i racconti d’infanzia della Nicolodi e con alcuni elementi tipici delle fiabe gotiche, Guadagnino utilizza la Suspiria del 1977 come archetipo narrativo su cui costruire una storia molto più grande, che ha l’ambizione di raccontare l’orrore non solo nella forma mitica e magica del sabba di streghe, ma nelle sue incarnazioni più umane, dall’Olocausto al terrorismo.
Come dice il Dott. Klemperer alla sua paziente, in fondo, quando si parla di streghe, ci si può riferire semplicemente ad un gruppo di persone decise a compiere azioni malvagie. Gli elementi esoterici e sovrannaturali sono forme ulteriori che non possono alterare la chiarezza dell’assunto.
E così Guadagnino convoca sul palcoscenico della Markos Tanz Company elementi nuovi, dona una storia e un passato ai personaggi, compresa Susie mormone ripudiata dalla madre, amplificando così l’orrore e trasportandolo nel passato e nel presente storico del film.
Ambientato il suo film nella Berlino divisa del 1977, Guadagnino trova anche una misura perfetta nel tono plumbeo, malinconico e fatalista di quella città e di quel momento storico: la sua diventa così una meditazione sulla colpa che si giova del contesto geografico per diventare riflessione assoluta sull’impossibilità di sottrarsi alle proprie responsabilità.
Complesso, stratificato, ricco di suggestioni psicologiche e cinematografiche, che vanno ben al di là del film del 1977, il lavoro di Guadagnino è uno dei pochi remake, che riesce a conquistarsi piena dignità autoriale.
Se l’horror è stato nell’ultimo decennio una delle chiavi privilegiate, per raccontare il presente e per fare i conti con le sue paure profonde, Guadagnino sembra voler andare molto oltre, cercando nella Storia le radici del male, la sua recrudescenza continua, che assilla con la colpa e la vergogna chi cerca di farsese interprete.
Suspiria perde così le connotazioni fiabesche e l’essenzialità originale, per farsi invece esperienza totale, disturbante come i sogni, che affollano le notti delle allieve della Markos.
L’orrore intollerabile della realtà può essere solo trasfigurato negli archetipi narrativi, del passato e del presente, ma l’idea della Mater Suspiriorum, che incarna il male supremo è solo il tentativo di dare un senso a quello che non si può accettare o giustificare.
Guadagnino mostra infine come l’effetto travolgente della danza e la sua bellezza feroce e demoniaca si facciano interpreti e strumenti del maligno.
Il film meriterebbe certamente una seconda visione, tanto ricche e misteriose sono le tracce lasciate da Kajganich e Guadagnino. E se il grande sabba sacrificale, che cambia radicalmente il finale originale, è più scioccante che davvero pauroso, e la messa in scena di Volk, certamente ispirata ai lavori di Pina Bausch, è un momento di grande cinema, la scena della morte della prima ballerina, provocata dalla danza di Susie è una di quelle sequenze che lasciano una traccia indelebile, mostrando grazie al montaggio parallelo, due corpi che ballano, il primo per volontà propria, il secondo costretto, come in una possessione demoniaca.
Dakota Johnson è Susie Bannion e finalmente ha un ruolo dove sembra convincente e non una ragazzina passata per caso sul set. Tilda Swinton è sia l’algida Madame Blanc, sia – truccatissima – l’anziano Prof. Klemperer, confermando il felicissimo sodalizio artistico con Guadagnino. Ingrid Caven – moglie e musa di Fassbinder – interpreta Miss Vendegast, mentre Mia Goth e Cloe Moretz sono le due allieve sacrificate sull’altare della Mater Lacrimarum.
La colonna sonora di Tom Yorke dei Radiohead, pur riprendendo alcun temi originali è straordinariamente sottile e dissonante, capace di assecondare la visione di Guadagnino con impeccabile efficacia.
Da non perdere.
Regia: |
Luca Guadagnino
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Durata: |
152’
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Paesi: |
Italia
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Interpreti: |
Dakota Johnson, Tilda Swinton, Mia Goth, Chloë Grace Moretz
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