L’ex governatore della California colpisce ancora. Non per un disegno di legge e neanche per una nuova candidatura, ma per rilanciare un franchise che ha fatto storia. Tutti ricorderemo con un pizzico di nostalgia il 1984, l’anno in cui James Cameron sfornò il primo T-800 per il grande schermo, generando giubilo tra critica e pubblico. All’epoca Schwarzenegger era reduce da Mr. Olimpia e il suo corpo ben ricalcava i tratti di un robot inumano, quasi inattaccabile dall’alto della sua mole cibernetica, ma il tempo passa per tutti e anche i colossi devono essere in grado di reinventarsi. Così il Conan di mille battaglie si è trasformato in un simpatico “nonnino”, caricatura di se stesso e dei tempi che furono.
Lo sguardo fisso e i muscoli d’acciaio sono rimasti, con qualche ruga dettata dall’andare degli anni ed un sorriso a trentadue denti che più finto non potrebbe sembrare. Il brizzolato gli dona e gli acciacchi cominciano a farsi sentire anche per un simpatico ammasso di ferraglia. “Sono vecchio, non obsoleto” dice lui, ma con qualche battuta ha già definito l’unico pregio di questo quinto capitolo: la simpatia. Ad uno Schwarzenegger carico di autoironia si possono perdonare mille sbagli, anche quello di essersi messo da parte in una saga che gli apparteneva.
Gli attori principali sono cambiati ed il vecchio T-800 si è ridotto ad essere un gregario “di spessore”. Il cambio della guardia ha portato nuovi giovani sul set, reduci da esperienze spesso televisive come Il Trono di Spade, ma non sono all’altezza del compito. “Schwarzy” dimostra di essere più espressivo di loro, ricordando di poter sfornare grandi interpretazioni come quella del Contagious ancora nelle nostre sale. Forse il ruolo del cyborg gli si addice di più, ma un plot troppo contorto schiaccia qualsiasi buon proposito.
La voglia di dar vita ad un altro Terminator si riduce ad una semplice necessità di mercato, un obiettivo chiamato “sbancare il botteghino”. Attirare i fan ed i curiosi in sala, rivangando i fasti di una serie che ha cambiato i canoni del genere, con i suoi viaggi nel tempo precursori anche di Marty McFly, ma ormai è storia passata. Rimane qualche personaggio a salvare le apparenze, in un vorticare di effetti speciali ed esplosioni indici di un budget che non ha badato a spese.
Terminator: Genisys è l’ombra di un passato radioso; una forzatura voluta dalle grandi case di distribuzione per sfruttare l’onda del successo. Il risultato è un film flebile e senza peso, che passa veloce sulla pelle come un venticello nell’arsura estiva, speranzoso di regalare ancora qualche momento di libidine. L’asticella si alza nello scontro tra i due Arnold, l’uno vecchio e l’altro giovane riescono a regalare una sequenza meritevole del prezzo del biglietto, ma il resto si risolve in un baracconesco trittico familiare. Il figlio si rivolta contro i genitori per poi infrangersi contro un roccioso nonno di nuova generazione, ma questo è quanto. Meno male che “Schwarzy” sa ancora farci sorridere.