Captain Phillips **1/2
Conoscendo l’impeto ipercinetico della macchina da presa di Greengrass (Green Zone, Bourne Ultimatum) ed il buonismo esasperato degli ultimi personaggi interpretati da Tom Hanks, entrambi impegnati questa volta a raccontare una storia di pirati somali all’attacco delle navi commerciali in viaggio nel corno d’Africa, non mi aspettavo molto da questo Captain Phillips.
Il solido film danese A hijacking, visto a Venezia l’anno scorso, sembrava aver detto tutto sul tema.
E invece Captain Phillips è sorprendente e riuscito, tanto più quando Greengrass rinuncia sostanzialmente al movimento fisico ed all’azione e rinchiude i suoi protagonisti in un piccola scialuppa di salvataggio, in mezzo all’oceano.
Ma andiamo con ordine.
Il comandante Richard Phillips lavora per una compagnia americana da molti anni. Questa volta ha il compito di trasportare viveri e derrate umanitarie verso la Somalia.
Il viaggio è rischioso, la rotta è preda di attacchi da parte delle bande di pirati, al soldo dei signori della guerra somali.
E così puntualmente avviene.
Due barche di pescatori assoldati in un piccolo paese sulla costa, si lanciano alla rincorsa della nave. Phillips riesce abilmente a respingere un primo attacco, ma una delle due barche ritorna alla carica, ancor più determinata.
Sfruttando una falla negli idranti dissuasori, i 4 somali salgono a bordo e prendono il controllo della nava. Phillips ha fatto nascondere il suo equipaggio nella sala macchine, per evitare che qualcuno sia preso come ostaggio ed affronta con determinazione e astuzia la minaccia incombente.
Consegna ai somali i 30.000 euro conservati nella cassaforte e li spinge ad abbandonare la nave sulla scialuppa di salvataggio. Non tutto va per il verso giusto e Phillips rimane ostaggio dei pirati sulla piccolissima imbarcazione chiusa.
Nel frattempo arrivano la marina americana ed i Navy Seals, pronti ad un’azione di forza per liberare il comandante.
La piccola scialuppa fugge verso la Somalia, ma viene circondata dalla flotta americana.
Ed è qui che il film assume un’altra forza, nel confronto tra negoziatori e pirati, mediato dal coraggio e dall’umanità di Phillips.
Greengrass rinuncia al dinamismo consueto e si limita a riprendere con grande abilità i volti dei cinque uomini sulla scialuppa e quello dei militari sulla fregata americana.
E’ un confronto tesissimo, angoscioso, tra professionisti e dilettanti armati, che non possono più tornare indietro.
Nella sceneggiatura di Billy Ray il gioco delle parti diventa fatale ed emozionante, pieno di svolte narrative improvvise e coinvolgenti.
Greengrass dimentica per un momento la lezione di Bourne e si ricorda del suo United 93, a cui questo Captain Phillips rimanda esplicitamente ed utilizza tutte le possibilità della macchina cinema per rendere in maniera esplicita la distanza che separa le parti ed il loro destino. In un bellissimo plongée, ad un certo punto, Greengrass ci conduce a misurare la distanza minima, che separa la scialuppa dalla nave americana, legate da un cavo che esploriamo in tutta la sua lunghezza.
L’azione è ridotta al minimo, implacabile, di precisione. Quello che conta sono le linee di tiro, il segnale verde o rosso, il rischio di coinvolgere l’ostaggio.
Greengrass scioglie la tensione con maestria, negando la brutalità del fuoco, ma mostrando l’orrore negli occhi e sulla pelle di Phillips: è un cinema politico il suo, che fa i conti con i conflitti della contemporaneità, con il ruolo degli Stati Uniti, ma anche con i volti degli uomini e le conseguenze sui singoli.
Non sempre riesce a tenere a bada la disinvolta estetica ipercinetica, che tanto ha impressionato nei suoi thriller.
Ma in Captain Phillips c’è tutto quello che serve: camera a spalla, tensione, ritmo, grandi interpretazioni.
Greengrass si è affidato ad attori somali non professionisti, che restituiscono al film una grande naturalezza espressiva. Chiamato a confrontarsi anche su questo piano, Tom Hanks si erge come un gigante, in uno dei ruoli chiave della sua lunga carriera. Il suo Richard Phillips è umanissimo e severo, astuto e imprevedibile, capace di sacrificarsi per il suo equipaggio: mai un espressione di troppo, mai una parola fuori luogo.
Una di quelle classiche interpretazioni che, una volta, si sarebbero dette “da Oscar”.
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