L’uomo che verrà ***1/2
Un film come quello di Diritti è una rarità nel panorama del cinema italiano: un’opera rigorosa, senza cedimenti e senza retorica, profondamente morale.
Nel senso più alto che questa parola può assumere. Anche nel registro cinematografico.
Di fronte alla guerra, agli eccidi, alle rappresaglie, come insegnava Rivette sui Cahiers di cinquant’anni fa, occorre spesso fare un passo indietro, evitare ogni spettacolarizzazione del dolore.
L’uomo che verrà nel suo strardinario dialetto emiliano, nel suo racconto della Terra, di un borgo contadino che sembra fuori dal mondo, ma che osserva invece con naturale distacco le scorribande partigiane ed i soprusi dei nazisti, anche attravero gli echi dei bombardamenti nella grande città, ci riporta alle suggestioni del migliori Olmi.
Ma non vorremmo, con questo paragone, sminuire la singolarità del lavoro di Diritti, che usa il digitale ed i campi lunghi per segnare una distanza da avvenimenti a cui ci si è ormai necessario accostarsi con occhio lucido, senza facili scorciatoie emozionali.
Difficile comprendere il senso delle scelte veneziane, che lasciano fuori un capolavoro come L’uomo che verrà, per la retorica tronfia ed inutile di Tornatore, il racconto timido della Comencini e quello di genere dell’esordiente Capotondi, perfetto per il fuori concorso di mezzanotte.
La maestosità dell’appennino emiliano, la durezza dell’inverno del 1943, e poi la primavera, le lucciole d’estate, il giallo ed il marrone delle foglie d’autunno: come in un affresco d’altri tempi, L’uomo che verrà ci fa entrare nelle vite faticose di una comunità contadina che assiste agli eventi della guerra con tutto il disincanto e la paura di chi sente di dover fare la scelta giusta, ma non può evitare di continuare a lavorare la terra del padrone.
Diritti mette in scena la strage di Marzabotto: uno degli eccidi più sanguinosi compiuti a danno della popolazione civile, nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
L’esercito nazista aveva scoperto che a Marzabotto agiva con successo la brigata Stella Rossa, e voleva dare un duro colpo a questa organizzazione e ai civili che la appoggiavano. Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, prima di muovere all’attacco dei partigiani, quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wehrmacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti e fecero terra bruciata di tutto e di tutti.
Nella frazione di Casaglia di Monte Sole, la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone furono raccolte nel cimitero e trucidate: 195 vittime, di 28 famiglie diverse tra le quali 50 bambini. Fu l’inizio della strage. Ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno. La violenza dell’eccidio fu inusitata: alla fine dell’inverno fu ritrovato sotto la neve il corpo decapitato del parroco Giovanni Fornasini.
Dopo sei giorni di violenze, il bilancio delle vittime civili si presentava spaventoso: oltre 800 morti.
La forza de L’uomo che verrà è nel fare della strage solo il punto di arrivo di un racconto corale, familiare, pieno di suggestioni, di colori, di bellezza e di minaccia.
L’eccidio arriva improvviso, inaspettato agli occhi della popolazione di Monte Santo.
Il punto di vista privilegiato, scelto da Diritti è quello di una bambina, Martina, muta dal giorno in cui il fratellino più piccolo è spirato proprio tra le sue braccia: la madre è di nuovo incinta, ma questa volta la nascità di una vita corrisponderà alla fine di ogni residua possibile umanità.
Diritti le sta a fianco, la segue nelle sue lunghe corse nei boschi, fino ad assumere pian piano il suo punto di vista, con una sensibilità rara.
Anche questa una scelta coraggiosa, spiazzante, meravigliosamente cinematografica: leggere una pagina così forte, attraverso gli occhi innocenti di chi non ha pregiudizi, non conosce la Storia, non può schierarsi, ma comprende perfettamente la gravità delle forze in campo, come dimostra il tema scritto in classe, che la maestra suggerisce di bruciare.
La guerra, la morte, i ribelli e i tedeschi, l’amore familiare e lo spirito di sopravvivenza: è una grande riflessione sulla condizione umana quella che ci suggerisce Giorgio Diritti, che sta dalla parte degli ultimi, di coloro che sono travolti dalla Storia.
La piccola Greta Zuccheri Montanari è una forza travolgente: ai suoi occhi sempre aperti alle sue gambe sottili sempre in movimento è affidato il futuro di un’intera cultura, sullo sfondo di una natura immobile, che assiste attonita ed imperturbabile alla crudeltà dell’uomo.
Imperdibile.
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