Blue Jasmine

Blue Jasmine ita

Blue Jasmine ***

C’era un tempo in cui Woody Allen alternava con sapienza racconto d’ambiente e ritratto sociale, nevrosi da Park Avenue e milieu artistico, fallimenti amorosi e nostalgica rievocazione del passato, attraverso il cinema e la musica.

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio dei ’90 il suo cinema è stato un riferimento imprescindibile, un contrappunto discreto al dilagare dell’avidità superficiale del decennio reaganiano.

Poi l’appuntamento con i suoi film si è fatto meno necessario, nessuno ha saputo sostituire le sue muse, Diane Keaton e Mia Farrow, se non sporadicamente. E dopo un decennio di leggerezza, inaugurato dalle note del musical “Tutti dicono I love you”, sono arrivate anche molte delusioni, opere irrisolte, persino mal scritte, sovente lontane dall’amata New York, inframmezzate da un deciso ritorno ad alcuni temi forti del suo cinema: il fallimento artistico e sentimentale (Harry a pezzi, Accordi e disaccordi), il peccato e la colpa (Match Point e Sogni e delitti), l’attrazione tra persone apparentemente agli antipodi (Basta che funzioni), l’elegia dell’età del Jazz (Midnight in Paris).

I suoi ultimi film non aggiungono molto ad una carriera leggendaria e perfettamente coerente, ma sembrano porsi – usando una metafora musicale – come nuove interpretazioni di temi classici, improvvisazioni su un canovaccio riconoscibile da tutti,  secondo uno stile che è proprio del mondo del jazz, che Allen ama e frequenta da sempre.

E così mentre la critica sembra aver perso interesse e curiosità, il suo cinema non è mai stato così conosciuto e frequentato come in questi ultimi anni: i suoi ultimi film hanno incassato benissimo, anche negli Stati Uniti e il suo ritmo produttivo non accenna a rallentare.

Blue Jasmine, girato tra New York e San Francisco, è un’altro prezioso ritratto di donna, disperato e tragico, che utilizza la cronaca e l’ombra della crisi, solo per dipingere un contesto credibile, ma che sembra affondare le sue vere radici nel grande teatro di Ibsen e nel cinema di Bergman.

Jasmine è in volo da New York a San Francisco. Dopo aver trascorso i migliori anni della sua vita negli agi della Quinta Strada, sposata ad Hal, un ricchissimo uomo d’affari, si ritrova improvvisamente sola al mondo. Quando l’FBI scopre che il finanziere era solo un truffatore spericolato, che ha frodato i contribuenti ed il fisco per anni, Jasmine perde tutto: la casa, i soldi, le amicizie, persino il figlio – brillante matricola di Harvard – che non riesce più a sopportare l’onta dell’infamia ed abbandona gli studi fuggendo ad ovest.

L’unica àncora di salvezza è la sorella Ginger: vive in California, in un piccolo appartamento. Fa la cassiera in un supermercato e si è separata dal marito Augie, dopo che Hal ha fatto sparire anche i soldi che i due avevano vinto alla lotteria, mandando in fumo i loro progetti per il futuro.

Le due sorelle non potrebbero essere più lontane: sofisticata e snob Jasmine, semplice e di buon cuore Ginger.

L’arrivo di Jasmine a San Francisco metterà sottosopra la loro vita, tra avventure sentimentali, goffi tentativi di ricominciare una vita diversa, illusioni e bugie.

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Il film scorre su due binari paralleli: le immagini della vita passata di Jasmine si intrecciano senza soluzione di continuità con quelle del presente californiano. I misfatti ed i tradimenti di Hal si alternano alla faticosa ricerca di equilibrio di Jasmine, travolta dagli eventi ed incapace di uscire da quel mondo dorato e fasullo che si era costruita.

La protagonista accetta di lavorare come segretaria in uno studio dentistico, dove subisce le avances del titolare, nel frattempo segue un corso di computer, per poter ottenere un diploma di arredatrice online.

La vodka ed i tranquillanti sono i suoi più fedeli alleati, almeno sino a quando, ad una festa, conosce l’affascinante diplomatico Dwight.

Nel frattempo Ginger è divisa tra l’amore del muscoloso e irruento meccanico Chili e l’attrazione verso il più romantico Al.

Blue Jasmine ritorna su un altro dei temi alleniani per eccellezza, quello della falsità vuota ed opportunistica dei ricchi e famosi a confronto con la sincerità ed il buon cuore delle persone semplici, della piccola borghesia operaia.

Allen gioca ancora una volta con gli stereotipi, in modo sufficientemente schematico, ma è un difetto minore.

Le disavventure della sua protagonista gli consentono di esplorare due ambienti sociali antitetici e di mostrare la sua p Jasmine, vittima di entrambi, incapace di adattarsi e di comprendere sino in fondo l’uno come l’altro, chiusa nella sua negazione della realtà.

Jasmine è indubbiamente uno dei grandi personaggi tragici alleniani, travolta dalle onde di un destino avverso, che lei stessa ha finito per provocare con il suo opportunismo feroce, la sua insensibilità alla storia ed alle sue responsabilità.

E’ emblematico che la protagonista sia fondamentalmente estranea alla sua stessa vita. E’ l’ultima ad accorgersi dei maneggi e delle infedeltà del marito Hal, non riesce mai a comprendere la sorella Ginger ed, anche quando trova una chance per ricominciare, continua a recitare una parte, incosciente delle conseguenze.

La sua è una vita costruita sull’inganno, su un’identità fasulla: persino il suo nome non è davvero Jasmine.

Cate Blanchett è ancora una volta perfetta nell’incarnare la bellezza algida ed aristocratica della protagonista ed il suo talento drammatico è capace di restituire tutte le sfumature del lento tracollo emotivo di Jasmine.

Impeccabile, eppure sempre inadeguata, nei suoi vestiti firmati e nelle sue collane di perle, simbolo di un mondo perduto, la Blanchett attraversa in film in uno stato febbrile, onirico, assolutamente personale.

La fotografia calda e avvolgente negli interni newyorkesi come nel sole californiano è dello spagnolo Javier Aguirresarobe.

Nella colonna sonora, un ruolo speciale è riservato a Blue Moon di Glenn Miller.

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23 pensieri riguardo “Blue Jasmine”

  1. […] Ma non c’è solo questo, in Don Jon: c’è anche un ritratto del new Jersey italo-americano e delle sue famiglie in canottiera da macho, riunite la domenica in chiesa e davanti al televisore a guardare il football, c’è la distanza di classe che incombe sui due amanti, c’è la sincerità proletaria che si scontra con una borghesia che mostra il vuoto dietro le apparenti buone maniere, in modo non dissimile dall’ultimo Allen di Blue Jasmine. […]

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