About Dry Grasses ****
Di nuovo in concorso a Cannes dove ha vinto la palma con con Winter Sleep e dove hanno debuttato sette dei suoi nove lungometraggi, Ceylan costruisce un altro racconto magnifico e terribile sulla natura umana, ambientato in un villaggio sperduto dell’Anatolia in cui esistono solo due stagioni: un lunghissimo inverno, in cui la neve copre ogni cosa e un’estate che si fa attendere a lungo sotto la coltre.
Qui vive e lavora come insegnate d’arte e fotografia il quarantenne Samet, disilluso e desideroso di fuggire il prima possibile, da una realtà che sembra aver depresso ogni suo entusiasmo.
Samet condivide l’alloggio con il collega Kenan, originario di quel villaggio che sembra accettare il suo destino con una predisposizione e forse una cultura radicalmente diverse.
Su suggerimento di un amico poliziotto, Samet conosce Nuray, un’insegnante che ha perso una gamba in un attentato terroristico. La fa conoscere a Kenan e i tre sembrano stringere un’amicizia che si alimenta di solidarietà e interessi comuni, almeno sino a quando la gelosia non si mette di mezzo.
Nel frattempo a scuola Samet e Kenan devono affrontare le accuse calunniose di avere comportamenti inappropriati durante le lezioni: un paio di loro alunni l’hanno riferito al preside, che ha subito allertato, zelante, il dirigente locale.
Soprattutto per Samet, che con Sevim, una dei due studenti, aveva cercato di costruire un rapporto significativo e amorevole, è un altro indizio che la sua presenza in quel contesto è mal sopportata.
Ceylan costruisce con la solita certosina sapienza narrativa un altro meccanismo drammatico formidabile, che mette al centro un professore egoista e le sue delusioni personali e professionali. Un personaggio scomodo, scostante, infedele, incapace persino di riconoscere la felicità.
Il racconto si sviluppa per grandi sequenze, in cui i personaggi si confrontano, si scontrano, si conoscono, cercano di capire se stessi e gli altri. I dialoghi scritti con Ebru Ceylan e Akin Aksu sono affilatissimi. Memorabile quello tra l’ individualista, liberale e disilluso Samet e Nuray, che ha militato nei movimenti progressisti e nonostante abbia perduto una gamba non ha mai smesso di sperare e lavorare per un futuro diverso: i due si scambiano punti di vista in una serata pensata per essere condivisa con Kenan, che diventa invece un duello che si conclude a letto, non prima che Ceylan abbia rotto la quarta parete e l’illusione del set si sia manifestata esplicitamente.
E’ una vertigine di senso che colpisce e lascia senza parole e senza fiato.
Ma sono molti i grandi momenti di un film di bellezza cristallina, immerso nel bianco infinito del paesaggio che increspa i sorrisi dei personaggi, così come le loro vite.
Samet fotografa gli alunni e gli altri abitanti del piccolo villaggio, ma forse solo alla fine riesce a capire chi sono e cosa provano.
Il film di Ceylan vibra del mistero della vita, in particolare di quello dell’adolescenza, non smette mai di credere alla sua storia e ai suoi personaggi, li vuole fragili, irrisolti, capaci di mettersi in discussione e di cambiare, nel tempo e nell’incontro con gli altri. Non ha paura di porsi le grandi domande, di sporcarsi le mani con la filosofia, la metafisica, la politica, la psicologia.
Il suo è un film ipnotico, che non stanca mai, neppure in uno dei suoi 197 minuti, in cui l’emozione e la riflessione intellettuale viaggiano sempre intrecciati. E dove la poesia della vita di un piccolo angolo dimenticato del mondo diventa linguaggio capace di parlare a tutti.
About Dry Grasses è uno di quei capolavori che possono esistere solo nel buio di una sala cinematografica, nella condivisione necessaria e bruciante di un’esperienza che è soprattutto un desiderio di umanità e compassione.
Da non perdere per nessun motivo. In Italia con Movies Inspired.