Dopo l’annuncio del ritorno in concorso alla Mostra di Venezia per Gianni Amelio a distanza di nove anni dal suo film più inutile, L’intrepido.
Nel frattempo con Hammamet e La tenerezza, Amelio sembra aver ritrovato una certa felicità espressiva.
Il signore delle formiche racconta il caso Braibanti, con il processo all’intellettuale milanese accusato di plagio, in un processo passato alla storia.
Il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal codice penale. Ma in realtà era servito per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della norma. Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato, prendono corpo i famigliari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.
Nel cast Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Sara Serraiocco e per la prima volta Leonardo Maltese.