Le livre d’image – Image Book ?
Do you still remember how, long ago, we trained our thoughts?
Most often we’d start from a dream…
We wondered how, in total darkness,
colours of such intensity could emerge within us.
In a soft, low voice
Saying great things,
Surprising, deep and accurate matters.
Image and words
Like a bad dream written on a stormy night.
Under western eyes.
The lost paradises.
War is here.
Il festival di Cannes accoglie l’ultimo lavoro di Jean Luc Godard, a cinquant’anni esatti dal suo arrivo sulla Croisette per bloccare l’edizione del 1968, dopo il maggio francese e le rivolte di studenti e operai.
Da allora tuttavia anche il suo cinema si è come fermato, in una riflessione che è diventata soprattutto autoreferenziale ed ha rifiutato sempre più la forma filmica, per farsi saggio, invettiva, filosofia dell’immagine, esperimento, ai limiti con la videoarte e forse anche oltre.
Le livre d’image è solo un altro passo in quella stessa direzione. Un lavoro fatto di frammenti in cui audio e video sono sempre stressati, stravolti, interrotti, bruciati, sovrapposti, fino a perdere qualsiasi significato originale. Solo che, anche volendo assecondare l’orgia frustrante del Maestro, se ne esce disorientati al più.
Per dare un’idea precisa al lettore, siamo di fronte ad un grande blob fuori orario, ancora più frammentato, ancora più disconnesso e apparentemente senza senso. Ogni tanto la voce di Godard dovrebbe illuminare con le sue riflessioni sul capitalismo, l’europa, lo sfruttamento, la povertà.
L’effetto è quello di un vecchio trombone che dal chiuso della sua villetta sul Lago Lemano ci spiega il senso della vita, bombardandoci di immagini, silenzi, neri e voci, quasi sempre mediate e distorte dal video, che sembrano avere un significato solo nella sua testa.
Le livre d’image è ancora pià radicale di Film Socialisme e di Adieu au langage, forse assecondando il pessimismo esistenziale di JLG, che oltre ad aver rifiutato il cinema e le immagini, sembra essere sempre più chiuso in riflessioni apocalittiche: qui manca anche la dimensione giocosa del suo lavoro, quella che ha sovraccaricato di calembour, citazioni disparate, brani di musica e riprese naturali gli ultimi quarant’anni del suo lavoro.
Ogni volta si torna a vedere un film di Godard, richiamati dal ricordo e dalla riconoscenza, per uno dei massimi campioni del cinema del Novecento, dimenticandosi di quanto avvilente possa essere l’esperienza.
In fondo se cercate l’immagine più bella dell’ultimo Godard, dovete affidarvi al finale del piccolo capolavoro di Agnes Varda, Visage Villages, molto più significativo e necessario di questi ultimi suoi tentativi.
CREDITS
Jean-Luc GODARD – Director
Jean-Luc GODARD – Film Editor
Fabrice ARAGNO – Film Editor
Jean-Paul BATTAGGIA – Film Editor
Nicole BRENEZ – Film Editor