The unknown known **
Errol Morris è uno dei grandi documentaristi dei nostri tempi: il suo sguardo curioso, affilato riesce spesso a cogliere l’elemento surreale delle cose, la deriva di un idea giusta e gli eccessi dell’America e delle sue istituzioni.
Qui, come in The fog of war, è alle prese con un documentario più tradizionale: una lunga intervista a Donald Rumsfeld, politico di lungo corso, che ha lavorato con tre presidenti ed ha gestito dal Pentagono la War on Terror.
Rumsfeld è un vecchio leone, un machiavelli della politica americana, abilissimo a manipolare i media e ad evitare le risposte scomode. Il limite di questo The unknown known è proprio qui: alle prese con un personaggio diabolico, Morris cerca inutilmente di metterlo in difficoltà, ma non sferra mai l’attacco, rimane superficialmente al cotè politico del nostro, non lega gli eventi del presente e del passato e gli consente di cavarsela alla grande.
Ma allora perchè Morris si è deciso ad intervistare l’anima nera dell’amministrazione Bush. Forse per tutt’altri motivi.
Innanzitutto perchè Rumsfield aveva l’abitudine di dettare al dittafono brevi promemoria quotidiani che hanno ora preso la forma di un archivio sterminato ed affascinante, che contiene elementi essenziali per comprendere la politica americana degli anni ’70 e di quella del nuovo secolo.
Poi perchè Rumsfield era un maestro nell’uso delle parole ed i suoi appunti sono pieni di parole nuove, reinterpretate. Attraverso il suo dialogo quotidiano con la stampa si è incaricato di riscrivere daccapo il linguaggio di questi anni di guerra in medioriente, consentendo le mistificazioni su Saddam Hussein ed all’industria bellica properità insperata.
Allora se il documentario di Errol Morris è debole e poco efficace come corpo a corpo con una delle menti più brillanti del Partito Repubblicano è invece curioso e riuscito dal punto di vista linguistico e semantico, spingendo lo spettatore a comprendere che le battaglie sono sulle parole, prim’ancora che sul campo.
Interessante, ma incompiuto.
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