The Bling Ring ***
Fratello ideale di Spring Breakers, il nuovo film di Sofia Coppola è un’altra terribile ricognizione nei sogni disperati della gioventù. Il suo cinema si muove da sempre lungo due direzioni: il meccanismo della notorietà, l’incubo warholiano tramutato in modo di vivere, accanto al disperato desiderio di affermazione di una gioventù sempre più confusa e dispersa.
Qui, come nelle sue opere migliori, i due temi si fondono indissolubilmente e con grande maestria. Nuova invece la distanza che la Coppola frappone con i suoi personaggi: non c’e’ piu’ nessuno con cui identificarsi, il vuoto pneumatico della gioventu’ di The Bling Ring e’ irredimibile, fuori controllo. E allora non c’e’ enfasi emotiva, ne’ compassione.
Siamo lontani dalla ricercatezza formale degli esordi. Qui la macchina da presa è digitale, fredda e livida, adatta al tempo dei social network, delle foto rubate e postate in diretta, delle notti senza nero di Los Angeles, che tanto assomigliano a quelle di Michael Mann.
Le dobbiamo al grande Harris Savides, all’ultimo suo film, prima della prematura scomparsa. Ma e’ anche una chiara scelta registica, che allontana i protagonisti di questa storia. Lo sguardo della Coppola non e’ piu’ partecipe, ma spietato, capace di svelare, con sottile ironia, il nulla su cui una generazione sta costruendo il proprio futuro ed il grande bluff della società dello spettacolo.
Tratto da una storia vera, il film è una ricognizione ex post, una sorta di mockumentary sulle gesta di cinque ragazzi dei sobborghi di Los Angeles, che hanno finito per saccheggiare le case dei divi, con un metodo infallibile: ricerca su google dell’indirizzo, entrata senza effrazione da una porta o da una finestra lasciata aperta, oppure direttamente con le chiavi, l abbandonate sotto lo zerbino e poi razzia indiscriminata nelle grandi e lussuose cabine armadio.
Il mondo dorato di Hollywood che appare lontanissimo ed inattingibile è lì, a portata di mano, bastano un click ed un po’ di sana incoscienza.
Il desiderio di emulazione dei personaggi del gossip cine-televisivo, la curiosità morbosa di entrare in quel mondo e di poterne avere anche solo un pezzetto per sè, spinge i ragazzi a rubare – senza sosta – borse, scarpe, gioielli, soldi e auto di personaggi come Paris Hilton, Lindsay Lohan, Orlando Bloom…
Il film è impietoso e solo apparentemente neutrale nella messa in scena: procede per accumulo e con un classico meccanismo narrativo in tre atti.
Ma l’orizzonte culturale, il vuoto assoluto delle sue protagoniste e delle loro famiglie, l’insicurezza mascherata da strafottenza lasciano sgomenti noi e la Coppola, che lascia che a parlare siano le immagini e le parole dei veri protagonisti, tratte da un famoso articolo di Vanity Fair.
Non c’è neppure più spazio per le fantasie al neon di Korine, per l’iperrealismo pop delle killers che cantano Britney Spears, qui siamo alla messa in scena dell’abisso, tra soldi facili, impunità e cocaina.
Agghiacciante.
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