Il caso Kerenes

Il caso Kerenes poster

Il caso Kerenes ***

Calin Peter Netzer, che ha vinto l’ultimo Festival di Berlino con Il caso Kerenes (Child’s Pose) è solo l’ultimo dei registi della new wave rumena ad affermarsi nei festival occidentali.

La strada aperta da Christian Mungiu (4 mesi 3 settimane 2 giorni, Oltre le colline) è stata seguita da Corneliu Porumboiu (A Est di BucarestPolice, Adjective), Christi Puiu (The Death of Mr.Lazarescu, Aurora), Andrei Ujica (Autobiografia di Nicolae Ceausescu), Radu Muntean (Tuesday after Christmas).

Nel loro cinema, la descrizione della Romania post-comunista, le storture di un capitalismo mal digerito, il ruolo della religione e del potere in una società ancora immatura, si affiancano spesso ad uno stile realista, fatto di camera a spalla, primi piani, utilizzo di pochissimi elementi di genere.

Netzer non fa eccezione, ma posa il suo occhio sulla ricca borghesia di Bucarest, i suoi modi, i suoi valori, il suo familismo amorale.

La protagonista è Cornelia, scenografo e architetto della capitale, che vediamo all’inizio condividere con la sorella la frustrazione per il figlio Barbu, che si sta allontanando inesorabilmente da lei. Quindi la seguiamo ad una festa di compleanno a cui partecipano ministri e amici potenti, nella quale balla scatenata ed infine a teatro: qui viene interrotta da una telefonata che le annuncia che l’amatissimo figlio Barbu – la sua meravigliosa creatura – ha avuto un incidente in auto ed ha investito ed ucciso un bambino nella campagna fuori dalla capitale.

Improvvisamente tutto il suo mondo sembra cadere in pezzi. Il futuro del figlio su cui ha riversato il suo affetto soffocante, le sue frustrazioni e le sue speranze, è improvvisamente in pericolo.

Nessun si chiede, in quel momento o in seguito, se Barbu abbia qualche responsabilità, se guidava troppo forte, se il sorpasso che ha portato all’omicidio è stato avventato, se i farmaci di cui abusa abbiano alterato la sua percezione. L’evento è completamente rimosso, così come il senso di colpa.

Quello che resta è la procedura, sono i verbali di polizia da correggere, le conoscenze da mettere in moto immediatamente per accelerare e indirizzare le indagini.

La madre si precipita sul posto con la sorella e prende in mano la situazione. Affronta la famiglia della vittima, i poliziotti prima riluttanti, poi condiscendenti, quindi si appropria nuovamente di Barbu e del suo destino: lo trascina a casa sua, lo costringe a dormire nella sua vecchia stanza, lo mette a confronto con un padre debole e assente e con una moglie inadeguata e da cui si sta separando.

Barbu, che faticosamente era riuscito a fuggire al soffocante abbraccio materno, sembra del tutto incapace di una riposta adulta, matura. Vengono a galla le sue idiosincrasie, la sua inadeguatezza, il suo infantilismo fuori tempo.

Il caso Kerenes 1

Eppure riesce a tramutare quello che sembrerebbe un riavvicinamento obbligato ed una nuova sottomissione al potere materno, in un’occasione per ribaltare i ruoli. Ora che la sua pozione di figlio prediletto e destinato al successo si è incrinata e rischia di infrangersi di fronte ad un’accusa di omicidio, cerca di ristabilire un ruolo ed uno spazio per sè e sfrutta l’impotenza della madre, annichilita dalla fine di un amore smisurato e impossibile, di un progetto miseramente naufragato, in una notte di marzo.

Il film di Netzer è molto più di una denuncia del potere corrotto e ossequioso della nuova Romania, della farraginosità della sua burocrazia e dell’arroganza della sua classe dirigente: è innanzitutto una ricognizione feroce e tragica di un fallimento educativo e familiare.

Emblematici i tre incontri di Cornelia. Il primo con l’automobilista che precedeva Barbu la sera dell’incidente e che ha assistito all’incidente. Il secondo con la compagna di Barbu.

L’ultimo con la famiglia della vittima.

Tutte le volte Cornelia si sostituisce al figlio, ne fa le veci, si offre come sostituito e come voce capace di affrontare il dolore e le asprezze della vita al posto suo.

Ogni volta è l’egoismo a spingerla ed a sostenerla, di fronte alle richieste impossibili ed alle confessioni dei suoi interlocutori.

Ma non c’è vera umanità, solo calcolo, interesse, desiderio. Quando Cornelia chiede di poter partecipare ai funerali del bambino travolto, non riesce a trattenersi e mostra di non avere nessuna pietà per il dolore degli altri: c’è spazio solo per la sua tragedia e quella di Barbu, che non merita di essere coinvolto da quella morte straziante.

Il film di Netzer si chiude con un fuori campo di cui non verremo messi a parte, in modo brusco, improvviso, senza lasciare spazio al ravvedimento od alla consapevolezza.

Ciascuno recita la sua parte di fronte al destino, senza comprendere sino in fondo il ruolo assegnatogli, ma continuando a perpetuare paure, speranze e rapporti di forza, come in balia degli eventi.

Ed allora l’unica cosa che li accomuna è l’amarezza della sconfitta. La sua trasversalità.

Netzer sta addosso ai suoi personaggi, li pedina con la macchina a mano, li impegna in lunghissimi dialoghi, un vero tour de force attoriale, che lascia senza fiato.

Luminita Gheorghiu è straordinaria nell’alternare volontà e terrore, risentimento e determinazione. Ancora una volta Vlad Ivanov – il signor Bebe di 4 mesi 3 settimane 2 giorni – si ritaglia un piccolo ruolo mefistofelico e terribile.

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