Il finale della nuova trilogia di Halloween – firmata da David Gordon Green e cominciata quaranta anni dopo l’epocale capostipite di John Carpenter – è un capitolo che scontenterà molti.
Innanzitutto perchè è lontanissimo dallo slasher originale e dopo l’orgia di omicidi perpetrata dal redivivo Michael Myers nel secondo episodio, questa volta la riflessione di Green e dei suoi sceneggiatori Paul Brad Logan, Chris Bernier e Danny McBride, cerca uno sguardo diverso su un personaggio che il cinema ha sfruttato sino alla consunzione.
Se il primo film di questa nuova trilogia tornava sulle orme dell’originale, raccontando il tempo trascorso e l’ossessione che la sopravvissuta Laurie Strode non è mai riuscita a superare, il secondo film trasformava Myers in un tabù alimentato dall’odio e dalla violenza sociale e, per questo motivo, sostanzialmente invincibile. Se la violenza del boogeyman è dentro di noi, non basta catturarlo e ferirlo a morte, tornerà sempre a tormentare le nostre notti.
Halloween Ends, ambientato nei giorni precedenti la notte delle streghe del 2022 sceglie una strada ancora diversa, mettendo Myers e Laurie sullo sfondo e raccontando da un lato il desiderio di passare il testimone, dall’altro quello di elaborare finalmente il trauma originario, ricominciando a vivere.
Il film comincia tre anni prima: lo studente di ingegneria Corey Cunningham accetta di fare da babysitter a Jeremy Allen, nella notte di Halloween, mentre i suoi genitori vanno ad una festa in costume.
Tuttavia al culmine di uno scherzo sadico, Jeremy finisce involontariamente per volare dalla tromba delle scale della grande villa.
La giustizia è magnanima con Corey, ma Haddonfield è meno generosa. Il ragazzo diventa un paria insultato e vilipeso, fino a quando Laurie non prende le sue difese all’uscita di un supermercato, portandolo ferito in ospedale dove la nipote Allyson si prende cura di lui.
Tra i due nasce un sentimento che si alimenta del discredito sociale che li accompagna: lei è la vittima sopravvissuta al ritorno di Myers, lui l’omicida che l’ha fatta franca.
Mentre il loro rapporto si fa sempre più stretto, l’ennesimo pestaggio di cui Corey è vittima lo spinge all’incontro fatale con il boogeyman, che vive nascosto nelle fogne della cittadina, pronto a saziare la sua sete di sangue, mentre Halloween si avvicina pericolosamente.
Il film di Green mette sullo sfondo gli elementi classici del genere e quelli specifici che Carpenter aveva codificato nel 1978. Preferisce orchestrare un film auto-riflessivo, che si allontana definitivamente dai jump scare, dal sangue e dalla costruzione della tensione del primo Halloween e anche del suo sequel del 2018.
Dopo la prima sequenza magistrale che introduce il nuovo protagonista, il film sembra adagiarsi nel tentativo un po’ velleitario di raccontare una nuova variante della storia di sempre.
Attraverso l’artificio del libro che Laurie Strode sta scrivendo sulla sua storia, le sue riflessioni diventano quelle di Green, nel tentativo di razionalizzare e dare un nome alla paura ancestrale che Myers ha sempre evocato.
Questo va di pari passo al tentativo di superare l’eternità del personaggio, costruendo una sorta di passaggio di consegne, che tuttavia funziona solo fino ad un certo punto, perchè poi il film non vuole crederci fino in fondo, ridando centralità, nel redde rationem finale ai due personaggi storici della serie.
La sensazione che rimane è quella di una deviazione momentanea, a cui Green e i suoi sceneggiatori credono solo fino ad un certo punto.
Il finale è davvero ultimativo, uno dei due caratteri originali viene inchiodato alle sue colpe in una sorta di crocifissione, che non prevede giustizia terrena.
Ancora una volta il sacrificio di sangue viene ostentato di fronte ai fedeli, che bramano la fine dell’incubo.
Ma quanto durerà?
Il film è fragile, irrisolto nella sua parte centrale, poco ispirato anche nella sua conclusione. Il tentativo di seguire strade nuove non sembra neppure alimentarsi delle riflessioni filosofiche che comunque innervavano il secondo capitolo. Qui Green si accontenta di scrivere una conclusione che sia per una volta definitiva, sconfessando peraltro il ribaltamento che faceva del film di Carpenter un incubo disturbante.
Qui il cerchio si chiude definitivamente, con un passo indietro evidente, sia rispetto all’intelligenza del sequel/reboot del 2018, sia rispetto all’impotenza di quello del 2021, che giustificava l’impossibilità di mettere la parola fine alla saga.
Contraddittorio e infedele, Halloween Ends resta un episodio minore, in cui si misura tutta la stanchezza produttiva di Green e dei suoi collaboratori.
Incredibile, hanno buttato 90 minuti di girato per raccontare una storia che sembrava un altro film (bravo l’attore, ma a vuoto), il restante è senza ombra di dubbio un chiudere senza un qualcosa che possa aver la più che minima convinzione di quello che si voleva fare sin dall’inizio. Iniziata bene, proseguita godibilmente violenta e terminata nell’assoluto niente. Mi dispiace che Green abbia voluto fare ancora, di più, il verso a Malick per tutti quei 90 minuti, ha snaturato quanto fatto prima. Andi Matichak e Jamie sprecate nella loro potenzialità, oltretutto scegliere di far passare 4 anni quando nella extended cut di Kills il finale alzava tutto al massimo. Niente, nulla