Per il suo debutto dietro la macchina da presa la canadese Charlotte Le Bon (Mood Indigo, Yves Saint Laurent, The Walk, Fresh) ha scelto una piccola storia d’amore e fantasmi, tratta dalla graphic novel francese Une sœur by Bastien Vivès.
I protagonisti sono due ragazzini, la sedicenne Chloé, i cui genitori ospitano nella loro casa sul lago quella del tredicenne, quasi quattordicenne Bastien.
Tra i due ragazzi nasce un sentimento di complicità che non esclude l’amore. Almeno da parte di Bastian, non più un bambino, ma non ancora un adulto – neppure dal punto di vista fisico.
Le giornate passano tra i bagni nel lago, di cui Bastien non si fida molto, feste serali, bevute, prime esperienze con alcol, il fumo, il sesso.
Le cose che riempiono da sempre le estati degli adolescenti.
Il film della Le Bon ha una drammaturgia minima, crepitante, si muove assecondando l’incertezza dei sentimenti dei due protagonisti, i loro slanci generosi, le loro gelosie, l’attenzione che si prestano l’uno all’altra.
Il modo con cui Bastien guarda Chloé, i suoi capelli bagnati dall’acqua, la sua schiena inarcarsi, dicono molto più dei suoi silenzi. La Le Bon riesce a raccontare i sentimenti con pochissimo, lasciando parlare i corpi, con una sensibilità certamente benvenuta.
La fotografia di Kristof Brandl restituisce il clima incerto del lago e la bellezza del Quebec, senza mai farne paesaggio da cartolina.
Falcon Lake trova poi un finale sospeso particolarmente efficace, trasformando la tragedia e il dolore, nella malinconia dell’assenza e del ricordo.