Cannes 2022. Fumer Fait Tousser

Fumer Fait Tousser **1/2

Il nuovo attesissimo film di Quentin Dupieux, produttore di musica elettronica col nome di Mr. Oizo, musicista, autore di videoclip e di dieci lungometraggi, debutta fuori concorso tra le risate complici di un pubblico che ormai sa benissimo cosa aspettarsi.

Immerso nella solita luce chiara, vicina alla sovraesposizione e nel solito panorama naturale indefinibile, se non come un non-luogo puramente cinematografico, Fumer Fait Tousser racconta la storia di cinque supereroi che fi fanno chiamare Tobacco Forses: Benzene, Mercurio, Nicotina, Metanolo e Ammoniaca combattono il male e mostri extraterresti provocando il cancro.

Un bambino, che viaggia coi genitori e si ferma per fare pipì, li scopre in azione contro il temibile Tortusse.

Il loro capo è un cane di pezzo chiamato Didier, donnaiolo impenitente dalla cui bocca pende una bava verde che sembra detersivo per i piatti.

Accortosi che la concordia tra i cinque non è più quella degli inizi, Didier, con il fidato robot Norbert, li manda alla base sotterranea 577 vicino ad un lago a fare una settimana di riposo e vacanza per rafforzare la coesione di squadra.

Qui i cinque passano il tempo a raccontarsi storie di paura attorno al fuoco.

Nel frattempo il villain Lisardin si prepara a distruggere la terra.

Con la solita ironia scanzonata e non priva di crudeltà, Dupieux questa volta sembra voler fare il verso alla nostra ossessione per i supereroi. I suoi sembrano usciti dal cinema europeo degli anni ’60 e ’70, con effetti artigianali, costumi improbabili e un gusto camp da negozio modernariato.

Il film è divertentissimo, soprattutto all’inizio, non si prende mai sul serio e accumula personaggi e situazioni, grazie all’artificio del racconto, che Dupieux questa volta usa per mascherare una trama che si ferma alla brillantezza dello spunto inziale e non sembra voler produrre altro senso.

Il film è sgangherato, surreale, leggerissimo. Non ha la forza di reiterare il meccanismo comico di Mandibules, nè ha le inquietudini esistenziali di The Daim, ma funziona lo stesso, sia pure ad un livello più elementare.

Eppure quel “casco per pensare” che sembra uscito da Futurama, nell’episodio raccontato da uno dei supereroi, è un’invenzione che da sola vale il film.

Per Dupieux sembra un passo interlocutorio, già un po’ di maniera, forse figlio di un successo anche cinematografico che ha pacificato le sue ansie.

In ogni caso, resta un film da non mancare.

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