In un futuro che assomiglia tanto ad un presente distopico, la Lumon, una società biotech fondata da Kier Eagan e ora guidata dal figlio Jame, che per segretezza e culto del leader assomiglia più ad una setta, ha messo a punto un chip che consente di dividere il tempo del lavoro da quello della vita privata.
Questa scissione consente la creazione di due diverse identità: nessuna delle due ricorda e sa chi è e cosa fa l’altra. “L’esterno” continua così la sua vita di prima, con gli amici, la famiglia, gli interessi di sempre. “L’interno” invece vive una monotona vita impiegatizia e conosce solo i suoi stretti colleghi di reparto e i superiori diretti della Lumon.
I due mondi restano impermeabili, divisi da un ascensore nel quale avviene la transizione tra le due identità. Alla Lumon non ci sono libri, se non i “vangeli” del fondatore, non ci sono informazioni dall’esterno e vige il divieto di portare con sè telefoni, fogli e messaggi quando si entra e si esce dalla società.
La Lumon è un enorme complesso di stampo razionalista, che all’interno è fatto di un labirinto di infiniti corridoi bianchi tutti uguali, in cui ciascuno ricorda la strada solo per la propria divisione
Mark S. è il nuovo caporeparto della Macrodata Refinement, che impiega appena 4 persone in tutto, che su un vecchi computer obsoleti anni ’80 sono impegnati a scovare intuitivamente potenziali pericolose combinazioni di numeri che appaiono sullo schermo, archiviandole.
Petey, il vecchio caporeparto e miglior amico di Mark da interno, è stato appena sollevato e licenziato. Al suo posto, a completare l’ufficio con il nerd Dylan G. e l’azzimato Irv B., arriva una giovane donna, Helly R., che ha appena subito il trattamento di scissione e sembra completamente spaesata rispetto al suo nuovo impiego.
Vorrebbe fuggire, abbandonare la Lumon, arriva a mettere a rischio la sua stessa incolumità. Ma solo la sua “esterna” può decidere per lei.
A sorvegliare gli impiegati ci sono il nero Milchick e la guardia di sicurezza Graner, che rispondono al capo Harmony Cobel.
Quando gli impiegati commettono errori o mettono in dubbio l’autorità vengono spediti in una stanza chiusa dove sono costretti a ripetere all’infinito un messaggio di scuse preordinato, finchè non risulti pienamente naturale e sentito.
Come premio per periodi particolarmente stressanti, gli impiegati vengono inviati nella stanza del benessere con Miss. Casey.
In questo piccolo microcosmo che sembra perfettamente ordinato, l’allontanamento di Petey provoca una crepa che pian piano si allarga a tutti i colleghi di Mark, fino a provocare una piccola silenziosa rivolta che metterà in discussione motivi e ruoli.
Mark S. è il protagonista di una serie ellittica, attraversata dalle sue malinconie e dalla sua progressiva presa di coscienza.
E’ l’unico di cui conosciamo anche il corrispettivo “esterno”, fin dall’inizio. E’ un professore rimasto prematuramente vedovo: il dolore per la morte della moglie lo ha spinto ad anestetizzare la sua vita almeno per qualche ora al giorno, grazie alla scissione.
Sua sorella, il marito e gli amici faticano a comprendere la scelta di Mark, che evidentemente è ancora una strada sperimentale e accettata con riluttanza nella società.
Scopriamo presto che la Cobel tiene d’occhio Mark anche nella sua vita privata, occupando la casetta accanto alla sua e spacciandosi per Mrs. Selvig, un’infermiera.
Nel frattempo Petey, che ha subito un doloroso processo di annullamento della scissione, cerca di mettersi in contatto con Mark, che non lo riconosce, non sa chi sia.
Un pezzo alla volta il piccolo mondo in cui Mark aveva cercato di ripararsi dal dolore cade a pezzi: una volta che si insinua il dubbio di essere parte di un gioco eticamente pericoloso e manipolatorio, il desiderio di sapere diventa una forza inarrestabile.
E questo accade contemporaneamente sia al suo “interno”, sia all'”esterno”.
La serie ideata da Dan Erickson e sottoposta alla società di produzione di Ben Stiller cinque anni fa, ha subito un lungo processo di pre-produzione, oltre ad un rinvio delle riprese, previste per marzo 2020.
Stiller, che avrebbe dovuto dirigere solo il pilota, si è invece impegnato in prima persona, occupandosi della regia dei primi tre e degli ultimi tre episodi, trasferendo alla serie una forte impronta autoriale e una coerenza stilistica e narrativa che ha certamente giovato alla sua atmosfera allucinatoria e paranoica.
E’ evidente che i riferimenti principali di Severance sono nel cinema americano politico degli anni ’70, quello nato attorno al Watergate e alla sfiducia nelle istituzioni politiche ed economiche del Paese.
Chi ha amato le atmosfere di Homecoming di Sam Esmail, troverà qui la stessa tensione, lo stesso mistero, la stessa ansia di sapere di più: è evidente che la scissione non è altro che una rappresentazione fantascientifica dello stato di ignoranza e docile sottomissione che il grande capitale vorrebbe paternalisticamente per la forza lavoro impiegata.
Non meno esplicito il richiamo al modo con cui il neocapitalismo ha creato narrazioni leggendarie dei suoi fondatori, nel tentativo di trasformare consumatori e dipendenti in adepti di un culto feticistico della personalità.
Dietro l’apparente asetticità di quei corridoi bianchi che conducono ai grandi spazi vuoti in cui lavorano Mark e i suoi colleghi, si cela una violenza istituzionalizzata che si nutre di controllo ossessivo, di suggestione, di ossessione per la punizione e l’espiazione di ogni volontà.
Il cast è poco meno che perfetto: Adam Scott, che interpreta Mark S., è l’uomo qualunque piegato dal destino, che riscatta se stesso all’interno della Lumon. Britt Lower è la forza che nutre la rivolta nei panni di Helly R. Ma è nei comprimari che la serie riesce superarsi: John Turturro, Christopher Walken e Patricia Arquette sono un regalo per ogni spettatore.
Forse una maggiore sintesi, soprattutto nelle puntate centrali avrebbe giovato ad una serie che trae la sua forza dall’interrogativo etico iniziale e dal look indovinatissimo in cui i suoi protagonisti sono incatenati e poi dalla presa di coscienza dei quattro che porta a mettere in discussione radicalmente il significato della sperimentazione della Lumon.
A cosa serve davvero la scissione, perchè il senatore Arteta ne è un grande sostenitore, chi sono nella vita da esterni Dylan, Irv e Helly? Chi c’è a capo del piccolo gruppo di resistenti che si sono ribellati alla scissione, come ha fatto Petey?
Sono tutte domande che trovano una risposta solo parziale in questa prima stagione, che si chiude con un inevitabile cliffhanger.
La seconda stagione è già stata ordinata da Apple Tv+, che ha forse trovato in Severance una delle sue serie più iconiche, se solo Erickson e Stiller saranno in grado contemporaneamente di mantenere il mistero e di evitare di prolungare all’infinito un racconto che, come un grande puzzle, ha svelato sinora solo un piccolo angolo: il disegno finale sarà all’altezza?
Titolo originale: Severance
Durata media degli episodi: 40-57 minuti
Numero degli episodi: 9
Distribuzione streaming: Apple Tv+
Genere: Drama
Consigliato: a coloro che continuano a pensare criticamente al rapporto tra società e ambiente e a ragionare sui limiti della scienza. E a coloro che non si spaventano delle narrazioni deboli, dei tempi dilatati, in cui quello che conta di più è uno sguardo tra i personaggi.
Sconsigliato: a coloro che preferiscono serie d’azione o con plot densi e pieni di svolte.
Visioni parallele: sicuramente la serie Homecoming di Sam Esmail su Amazon Prime. E film come La conversazione di Francis Coppola o Perchè un assassinio di Alan J. Pakula.
Un’immagine: la Bell Labs Holmdel Complex in New Jersey che è stata usata per la sede della Lumon.