Ennio

Ennio ***1/2

Il ritratto che Giuseppe Tornatore dedica al Maestro Ennio Morricone comincia curiosamente con un metronomo e con gli esercizi fisici con cui il compositore, scomparso nel luglio del 2020, iniziava le sue giornate: pian piano quei movimenti diventano i suoi gesti sul podio dell’orchestra.

L’inizio spiazzante non sarà l’unico momento originale di un film che cerca di restituire la grandezza inesausta, il genio assoluto, la dedizione scrupolosa di quello che a tutti gli effetti può essere considerato uno dei grandi compositori del Novecento.

Attraverso il filo rosso di una lunga intervista a Morricone stesso, affiancata dalle voci di tutti coloro  hanno collaborato con lui nel corso di una carriera cominciata negli anni ’60 Tornatore costruisce un percorso cronologico che commuove, entusiasma, sorprende attraverso il contrappunto magnifico delle immagini dei film a cui il compositore romano ha dato letteralmente un’anima.

Morricone, a cui il padre trombista, impose lo stesso strumento e una carriera precocissima nelle orchestre dei night club, parallelamente agli studi di conservatorio, è stato un artista diviso, torturato quasi: snobbato ed emarginato dall’ambiente della musica classica contemporanea, che pure aveva scelto, studiando a lungo con Goffredo Petrassi e poi entrando nel Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, celebrato e diremmo quasi venerato come arrangiatore alla RCA e poi come compositore per il cinema.

Tornatore si prende tutto il tempo necessario per raccontare l’eccezionalità di Morricone: nei suoi lavori pop per Vianello, Paoli, Morandi, Mina sfrutta il suo talento prodigioso e la sua cultura musicale eterogenea, contribuendo a creare alcuni dei più grandi successi di quegli anni, da Sapore di sale a Se telefonando.

L’incontro col cinema avviene prima con un paio di pseudonimi, quindi a partire da Il federale in forma ufficiale, ma è con Sergio Leone che il suo nome diventa subito il più ricercato e conteso.

Morricone lavora con tutti i più grandi in Italia, con Bellocchio, Bertolucci, Argento, Petri, Pasolini, Pontecorvo, i Taviani, Montaldo, la Cavani e poi in America con Malick, De Palma, Joffé e infine con Tarantino.

Gli episodi memorabili sono pressochè infiniti, le scelte di un tema piuttosto che l’altro, le gelosie dei registi, la loro ossessione per la musica già scritta: tutto concorre a costruire un ritratto fenomenale, che non è solo quello di un uomo e un musicista d’eccezione, ma è anche il nostro, di spettatori.

Attraverso le straordinarie melodie di un compositore che dichiarava di odiare la melodia Ennio ci trasporta nei nostri ricordi, nella nostra storia, nelle emozioni che abbia provato ascoltando per la prima volta il tema di Deborah di C’era una volta in America o i baci tagliati di Nuovo Cinema Paradiso, la tensione di Indagine su un cittadino o l’epica della grande bandiera rossa di Novecento o la morte di Jimmy Malone ne Gli intoccabili.

Non è solo la storia del cinema che riemerge fragorosamente in quelle note, in quei frammenti visivi, ma è in fondo la storia di tutti noi che in quelle immagini e in quella musica abbiamo trovato conforto, estasi, illuminazione.

Il lavoro di montaggio di Tornatore tra materiali così eterogenei e attraverso testimonianze così diverse è semplicemente sublime. E ci mostra quella stessa passione travolgente per il cinema, che il regista ci aveva lasciato intravvedere già in Nuovo Cinema Paradiso e poi nel sensazionale libro intervista con Francesco Rosi.

Penso che questo Ennio sarebbe piaciuto molto anche a Morricone, per la serietà dell’approccio e per la vastità degli approfondimenti.

Peccato che nel finale prevalga un’enfasi del tutto superflua e Tornatore si soffermi su alcuni modesti musicisti che hanno preso a prestito le musiche di Morricone nei loro dischi e nei loro spettacoli: non era necessario. Non serve ascoltare C’era una volta il West storpiato dal chitarrista dei Metallica o il campionamento di un suo tema in un pezzo hip hop, per capire che la musica del Maestro parla a chiunque, trasversalmente, ancora oggi.

Ennio rimane ciononostante un documento imprescindibile, un testamento necessario non solo per comprendere l’enormità del contributo artistico di Morricone, ma per capire quanto il suo lavoro abbia segnato anche la nostra biografia, l’abbia arricchita di senso e di memoria.

Da non perdere.

In anteprima 29 e 30 gennaio 2022 e poi dal 17 febbraio in sala.

 

 

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