The Card Counter – Il collezionista di carte

The Card Counter – Il collezionista di carte ***

L’ultimo film di Paul Schrader è una nuova declinazione delle storie e dei personaggi, che hanno attraversato tutto il suo cinema, sin dagli anni ’70.

Nel suo campionario di night workers, di lupi solitari che vivono la notte e nella notte, non poteva mancare un dostoevskiano giocatore: un uomo uscito da poco di prigione, un ex militare, che si fa chiamare semplicemente Bill o Mister B.

Il suo passato è sepolto nella solitudine di infinite notti passate a giocare nei casino di mezza america: dopo aver imparato in carcere a contare le carte, Bill non è ben visto nelle case da gioco, per questo si limita a vincere piccole somme, quotidianamente, spostandosi continuamente, per cercare di passare inosservato.

L’incontro con Cirk, il figlio di uno dei suoi commilitoni, cambierà la sua vita un poco alla volta e poi repentinamente.

Cirk sa che Bill e il padre, addestrati da un contractor privato, John Gordo, che ora si è riciclato come consulente nel campo della sicurezza globale, sono stati fra i torturatori di Abu Grahib e Bagram, nei black sites della CIA.

Bill è finito in carcere per otto anni, il padre di Cirk non ha retto alla vergogna del ritorno e si è ucciso, dopo aver sfogato la sua violenza sulla moglie e sul figlio.

Bill decide di prendersi cura di Cirk, raccoglie vincite per pagare i suoi debiti e consentirgli di tornare al college, ma il piano di vendetta del ragazzo è più forte di ogni ragionevolezza.

Lungo la strada i due incontrano La Linda, una giocatrice che gestisce una scuderia di altri giocatori, per finanziatori esterni che si arricchiscono senza mai mettere piede in un casinò.

Pian piano fra i tre si formeranno legami imprevedibili, che riusciranno a scalfire l’impassibilità anestetizzata di Bill.

Dopo il notevole First Reformed, Paul Schrader sembra essere tornato alla lucidità feroce dei suoi esordi: il suo cinema morale, che nel sacrificio e nell’espiazione trova l’unica risposta al Male, racconta nuovamente l’orrore della War on Terror, che non ha avuto solo vittime primarie, ma che ha travolto le vite anche di chi si è fatto strumento disumano del terrore.

Bill si muove cercando l’invisibilità, è un taciturno che ha scelto una forma tutta particolare d’ascesi, colorata del verde dei tavoli da gioco. Affida ad un diario le sue considerazioni, parla il meno possibile e non racconta nulla di sè.

Il rimorso è inestinguibile, nonostante il faticoso tentativo di Bill di ricostruirsi una vita senza legami, nella routine impersonale di sale da gioco e stanze d’albergo, ricoperte meticolosamente di teli bianchi.

Ma la purezza perduta non può essere restituita dall’ossessione per il gioco. Non funziona, perchè il passato non si cancella e le colpe non si dimenticano e continuano ad inseguire il protagonista.

Così come accadeva già in American Gigolo e ne Lo spacciatore, alla fine non resta che un incontro in prigione a suggerire l’illusione di una salvezza, che forse non arriverà mai.

Questa volta però non ci sono parole, solo due dita che si appoggiano al vetro, senza possibilità di toccarsi davvero.

Interpretato da un Oscar Isaac che reprime nei suoi completi grigi e nelle sue lenzuola bianche, l’orrore del suo passato e da una Tiffany Haddish per una volta lontana dalla comicità sguaiata, che l’ha resa famosa, The Card Counter, il cui titolo italiano è ottusamente errato, è una conferma del ritrovato rigore di Schrader: un film solido, diretto in modo implacabile, che forse non aggiunge parole nuove al suo universo poetico, ma che lo declina in un’incarnazione indubbiamente potente e riuscita.

Dal 3 settembre in sala.

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