Suzanne Viguier è un’insegnante di danza di 38 anni quando scompare da Tolosa, il 27 febbraio 2000, senza lasciare traccia.
Sposata a Jaques Viguier, professore universitario di diritto, con tre figli piccoli. Ma le cose nella famiglia Viguier non vanno più bene come un tempo: marito e moglie dormono separati e lei ha un amante, Olivier Durandet, che subito dopo la scomparsa invita la polizia ad indirizzare le indagini su Jaques.
Il marito viene arrestato e rimane in carcere per nove mesi. Dopo dieci lunghi anni e una prima assoluzione, il marito deve affrontare il processo d’appello davanti alla Corte d’Appello di Tolosa.
Nora, una dei giurati della prima Corte d’assise, si è convinta dell’innocenza di Jaques Viguier e decide di contattare il famoso avvocato Eric Dupond-Moretti, perchè assista l’imputato in appello.
Nonostante le resistenze iniziali, Nora riesce a convincere il difensore, che accetta, ma la coinvolge nella difesa, per trascrivere le infinite ore di intercettazioni telefoniche che l’accusa ha finalmente prodotto e che potrebbero scardinare l’impianto accusatorio e screditare le versioni fornite dai testi chiamati a deporre.
In preda ad un’ossessione che finirà per mettere in discussione la sua vita e il suo lavoro, Nora decide di assecondare le richieste di Dupond-Moretti e di aiutarlo nella difesa.
Tuttavia il punto di vista dell’avvocato e quello di Nora restano molto lontani. Se il primo è interessato solo ad ottenere l’assoluzione per il silenzioso professore di diritto, ingiustamente accusato, Nora vuole di più, vuole conoscere la verità.
I due protagonisti si scontreranno spesso, mettendo in discussione i propri principi e alimentando quel dubbio che resta l’unico vero compagno di strada in un caso senza verità come quello della sparizione di Suzanne.
Curiosamente il film esce in Italia oltre un anno dopo il suo debutto francese, quando Dupond-Moretti, orfano di padre sin dall’età di quattro anni, di origini italiane, segnato sin dall’infanzia dall’uccisione in circostanze mai chiarite del nonno materno, è stato nominato ministro della giustizia e ha abbandonato il suo notissimo studio parigino.
Il regista esordiente Antoine Raimbault decide di affiancargli un personaggio di fantasia, quello della chef Nora, che riassume l’ossessione morbosa che spesso il pubblico prova nei casi di cronaca nera più eclatante. Spinti dalla imponente copertura mediatica, si è spesso convinti a prendere una parte, a seguire un istinto, un’intima convinzione appunto, sull’innocenza o la colpevolezza dell’indagato.
Gli scontri tra Nora e Dupond-Moretti segnano tutta la distanza tra questo approccio sentimentale e istintivo al processo penale e la necessità di ragionare razionalmente sulle prove, sugli indizi, sulle connessioni logiche e giuridiche degli eventi, costruendo o smontando in aula l’impianto accusatorio che definisca gli elementi chiave della responsabilità: chi, come, dove, quando, perchè.
Il film di Raimbault è un esempio di come il cinema, sia pure facendosi racconto, possa interrogare con intelligenza la realtà, anche attraverso la rappresentazione non stereotipata del processo.
La regia rimane sempre un passo indietro, non cerca lo spettacolo e il colpo di scena, assecondando le connessioni tra gli attori e i formalismi della rappresentazione della giustizia.
Senza ricorrere a flashback, Raimbault ricostruisce attraverso l’ascolto delle infinite ore di intercettazione, da parte di Nora, i frammenti di una verità irraggiungibile e le piccole e grandi menzogne accumulatesi nel corso del tempo.
E’ un film di parole questo Una intima convinzione. Parole spesso inutili, fuorvianti, talvolta invece illuminanti, decisive.
La ricerca della verità è sempre compagna del dubbio, si deve accontentare spesso di approdi provvisori, di certezze minime, di omissioni decisive.
Una intima convinzione rispetta il genere di riferimento, il dramma processuale, ma non lo svilisce nello stereotipo, e rispetta il dolore dei personaggi, in particolare quello dell’imputato, a cui lascia davvero pochissime parole, sufficienti tuttavia a delinearne un ritratto chiaro.
Sullo sfondo resta la vittima, Suzanne, scomparsa nel nulla ormai da vent’anni e mai ritrovata, nonostante le indagini, gli indizi, le testimonianze, i processi.
Olivier Gourmet interpreta il noto avocato con burbera esattezza, mentre Marina Fois è una credibile Nora, trascinata a fondo dalla sua ossessione, nonostante il suo sia il ruolo più costruito.
Sorprendente Laurent Lucas nel ruolo di Jaques, che nei suoi silenzi, cela tutta la fatica e l’onta di un processo lungo dieci anni.
In sala dal 30 luglio per Movies Inspired.
Una recensione molto interessante. In film con dei personaggi molto complessi e un rapporto tra loro molto particolare e complesso. Mi hai incuriosito!
L’ha ripubblicato su Il Cinema Racconta ….