Dare un seguito a Shining è impresa per coraggiosi. Non solo perchè il racconto originale scritto da Stephen King nel 1977 e trasformato da Kubrick con Diane Johnson per il film del 1980 in una favola chiusa, che consuma i suoi personaggi e non ammette repliche, ma anche perchè il confronto con il capolavoro del passato, incombe minaccioso, con tutto il suo carico di immagini e di riflessioni, che il tempo ha reso celeberrime e cristallizzato in un canone che è innanzitutto visivo.
Sappiamo tuttavia che Stephen King non ha mai davvero compreso o amato l’adattamento cinematografico del suo terzo romanzo, Una splendida festa di morte, e questo Doctor Sleep cinematografico, ancor più della sua versione letteraria, avrebbe dovuto essere il tentativo dell’autore di riappropriarsi dei suoi personaggi e della loro storia, di ridefinirne il carattere e gli incubi.
Il nuovo film è diventato così terreno di scontro per una battaglia tra il fantasma dello Shining di Kubrick e le intenzioni autoriali di Stephen King.
Mike Flanagan, il giovane regista che nell’horror psicologico e nelle case stregate ha trascorso la sua intera carriera, lo ha compreso perfettamente ed ha cercato di costruire un adattamento che non tradisse le aspettative di nessuno, pur restando fedele alla propria idea di cinema e alle proprie ossessioni.
Il risultato è un racconto circolare che si apre e si chiude con Danny Torrance. Lo ritroviamo bambino nel 1980 poche settimane dopo la fuga dall’Overlook Hotel in Florida, assieme alla madre.
Su una panchina racconta al fantasma di Dick Halloran, il cuoco che aveva lo shining come lui, che le presenze dell’albergo non l’hanno ancora abbandonato. Dick gli insegna così a costruirsi una scatola nella propria mente, dove rinchiudere di volta in volta queste presenze inquietanti, per continuare a sopravvivere.
Nello stesso momento, in un’altra parte dell’america una bambina viene rapita e aggredita da un gruppo di uomini, che sembrano possedere gli stessi poteri di Danny. Guidati dalla bellissima e potentissima Rose Cilindro si nutrono come vampiri dell’aura magica dello shining, fortissima nei più piccoli e accentuata dalla paura. Grazie a quella sono diventati immortali.
Passano gli anni, Danny è un trentenne solitario e alcolizzato, che passa le sue serate tra risse e sbronze. Rifugiatosi nella piccola cittadina di Frazier, viene aiutato a rifarsi una vita, prima negli A.A., quindi come inserviente in un hospice, dove gli anziani lo chiamano Doctor Sleep e si affidano a lui nel momento della morte.
Mentre Rose e la sua banda continuano a rapire bambini, Danny, finalmente sobrio, torna a sentire lo shining e viene contattato da una ragazzina, Abra, che abita nella vicina Anniston e sembra avere poteri eccezionali.
Rose e i suoi si accorgono dei poteri di Abra, che diventa così la loro prossima preda…
Il destino di questo Doctor Sleep è emblematico: quando si allontana dall’Overlook Hotel e tenta di imbastire un racconto originale, autonomo rispetto agli eventi di quarant’anni fa, guadagna libertà d’azione, ma perde mordente e identità. Quando invece si avvicina fino a rientrare nell’albergo maledetto, allora acquista senso e ragione, ma il confronto lo schiaccia inesorabilmente.
Flanagan sa cosa significa l’Overlook Hotel per i suoi spettatori e usa la potenza della suggestione per imbastire – forse troppo tardi nel film – un tour nostalgico in quello che appare subito come un tempio nascosto dalla neve e inaccessibile da molto tempo.
D’altronde con la serie Hill House e prim’ancora con Oculus e Ouija – L’origine del male, Flanagan ha dimostrato di saper usare gli spazi chiusi magnificamente e di comprendere perfettamente la dimensione psicologica dell’orrore, tra presente e passato.
Ma con un errore imperdonabile, Flanagan ci mostra l’Overlook di Kubrick, con una passione filologica encomiabile dal punto di vista visivo, ma lo trasforma in quello, molto diverso, caro a Stephen King. Il corto circuito logico è stridente, i riferimenti si fanno così imprecisi, forzati, puro richiamo superficiale.
Flanagan sembra non aver compreso che la forza magnetica di Shining sta nel suo mistero, nella sua impenetrabilità, nel suo essere un luogo metafisico, senza regole e senza tempo, da cui non si può entrare, nè uscire. L’Overlook Hotel non è una casa stregata che si può far esplodere con una caldaia, come nel romanzo di King e come in questo Doctor Sleep cinematografico, ma uno spazio indefinito della storia e dell’inconscio, in cui tutto può accadere e in cui tutto ritorna.
E’ qui che il film di Flanagan crolla miseramente, perchè non basta evocare Kubrick recuperandone stile e forme, con una passione ossessiva nel ricreare ambienti e immagini, che già sono nella nostra memoria, ma occorre preservare il mistero, comprendere e rispettare l’idea labirintica di Shining, la sua irriducibilità.
Il compito impossibile si è in effetti rivelato tale, troppe forze in campo, troppe linee di tensione.
Ciononostante se proprio dobbiamo indicare un vincitore in quella ideale battaglia a tre di cui dicevamo all’inizio, non c’è dubbio che sia Kubrick. Non solo perchè Shining, rivisto in sala proprio prima di questo Doctor Sleep, resta quel capolavoro inafferrabile che continua ad interrogarci, ma perchè questa sua appendice cinematografica acquista senso solo quando si avvicina all’immaginario del maestro inglese, lo sfrutta, lo vampirizza, ne ruba affettuosamente scene e sequenze.
Per quanti sforzi continui a fare Stephen King, il lavoro di Kubrick rimane inarrivabile e ormai pienamente canonizzato.
Ma se c’è qualcosa che bisogna salvare in questo Doctor Sleep, oltre all’omaggio, è la straordinaria, sinuosa, seducente Rose Cilindro interpretata da Rebecca Ferguson. E’ lei il villain di questa storia, ma non ha bisogno di effetti, di trasformazioni, di digrignare i denti o serrare il volto. La sua presenza è clamorosa, riempie il film ogni volta che appare, riesce a dare un senso anche ai primi due atti di questa storia, di per sè privi di orrore e di stupore, troppo pieni delle spiegazioni pedanti di King.
La sua Rose sembra lo stregatto con il cilindro in testa di Alice nel paese delle meraviglie. E’ una zingara sempre a piedi nudi, una hippie fuori tempo massimo, che tortura e uccide bambini col sorriso sulle labbra. Doctor Sleep vale il prezzo del biglietto solo per lei.
Assai più trascurabile il contributo di Ewan McGregon nei panni ordinari di Dan Torrance adulto. Come usava nel cinema classico, i personaggi di Shining (Jack, Wendy, Dick, Grady) vengono interpretati da attori somiglianti agli originali, opportunamente truccati, senza nessun effetto digitale.
Interessanti le scelte fotografiche di Michael Fimognari, con una dominante blu che diventa meno evidente, quando ci addentriamo nell’Overlook Hotel, dove prevale la citazione della luce originale di John Alcott.
Le musiche non fanno eccezione con la ripresa del Dies Irae in apertura e la chiusura affida a Midnight with The Stars and You di Ray Noble.
[…] | Marco Albanese @ Stanze di Cinema […]